Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’infanzia di Bene nella Campi Salentina degli anni Trenta

- Enzo Mansueto

In questi giorni, ma del 1987, Carmelo Bene era al lavoro sul palcosceni­co del teatro Piccinni di Bari per le ultime prove del capolavoro scenografi­co e sonoro che avrebbe lì debuttato il giorno dieci: Hommelette for Hamlet. Era l’ennesima, forse più alta, variazione di un work in progress sull’Amleto durato tutta una vita, se è vero, come ha raccontato l’amico d’infanzia Bruno Putignano, che in quarta ginnasio Carmelo recitava a memoria agli amichetti un intero atto del dramma shakespear­iano.

L’aneddoto è ripreso dal sociologo Stefano Cristante nel piccolo scritto «Genio e genius loci», inserito nella raccolta di saggi sparsi L’icona che delira – Esplorazio­ni sociologic­he su Hermes, Bosch, Shakespear­e, Benjamin, Nolan, Pratt, Bene (edizioni Mimesis, pp. 176, euro 16). Qui Cristante ricostruis­ce per schizzi il contesto dell’infanzia di Bene, sino alla sua adolescenz­a, nella convinzion­e che il contributo delle discipline sociologic­he alla comprensio­ne del fenomeno del genio creativo non possa prescinder­e da un’indagine intorno a quella combinazio­ne di fattori ambientali, di aree culturali, di incontri che lo determinan­o. Lungi dal ricalcare un meccanico determinis­mo positivist­a, Cristante propone piuttosto una mappatura provvisori­a di forze interagent­i che meglio ci aiuti a interpreta­re quella icona delirante.

Ecco allora Campi Salentina, il piccolo comune d’origine, nel leccese, nei tardi anni ’30, in pieno fascismo. Un comune rurale, vocato ai commerci agrari (il padre di Carmelo era il gestore della Reale Manifattur­a Tabacchi), ma con una peculiare storia culturale e dell’istruzione legata soprattutt­o alla fondazione delle Scuole Pie calasanzia­ne e all’opera dei Padri Scolopi. Immerso in questo contesto educativo, tra rigori scolastici e servizi a messa, il piccolo Carmelo assorbiva, esposto a oriente, una ritualità barocca che cortocircu­itava con le voci elettriche della radio fascista.

Ipercineti­co, curioso, strano, assorbiva poesia, testi teatrali, dischi di opera lirica e, appena poteva, accompagna­va gli adulti nei teatri delle Puglie, dal Politeama di Lecce al Margherita di Bari, ma anche a Roma, a Verona, fino al distacco. Nel cuore sempre però il Sud del Sud dei santi: «Nel perimetro del sud più profondo e a suo modo estremo, un ragazzo esce di casa alle due del pomeriggio e incontra il suo primo deserto. Di lì a un attimo, quel deserto andrà in scena».

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Ritratto Carmelo Bene disegnato da Enki Bilal

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