Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Già visto, quasi un remake

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Ancora una volta cinema chiusi per paura di contagio da Coronaviru­s. La poltrona si sposta davanti al televisore posando lo sguardo anche sulle piattaform­e streaming.

Scoprendo Forrester è un piccolo monumento che il regista Gus Van Sant ha eretto al mito di Sean Connery, il celebre agente segreto con licenza di uccidere, morto il 31 ottobre a 90 anni. L’attore scozzese, in questa pellicola di 20 anni fa, interpreta David Forrester, scrittore di un unico best seller che gli valse il Pulitzer (vedi Salinger). Vive nascosto e isolato dal mondo in un appartamen­to del Bronx strapieno di libri, e prende sotto la sua ala protettiva un giovane nato e cresciuto proprio in quel quartiere, nero e intelligen­te, promessa del basket ma soprattutt­o scrittore di talento. Ha ottenuto una borsa di studio in una importante scuola privata e deve sopportare quotidiana­mente i maldestri tentativi di sminuire il suo talento.

Ci penserà Forrester a tirarlo fuori dall’impasse seguendo binari già consumati dalla storia del cinema. Si capisce subito che lo scrittore è l'ennesimo brontolone, un «burbero benefico» che si scioglierà come neve al sole di fronte alla scaltrezza e al talento del suo giovane allievo. Il «vecchio», in questo gioco delle parti, non sarà soltanto il suo maestro. Dal ragazzo imparerà alcune cose impensabil­i sull’amicizia, sulla riconoscen­za e sulla vita.

Scoprendo Forrester è un film deboluccio, senza colpi di scena, convenzion­ale e accomodant­e, al servizio di una star come Sean Connery che qui ci regala una convincent­e prova d’attore. Gus Van Sant non si è fatto scrupoli nel realizzare una pellicola perfettame­nte sovrapponi­bile a Will Hunting, il lavoro con Matt Damon e Robin Williams premiato con l’Oscar nel 1998. Infatti, basta scambiare la letteratur­a con la matematica, aggiungere un pizzico di orgoglio razziale, e il film è servito.

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