Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Dare alle Usca i soldi previsti per la Popolare
Oggi siamo in piena seconda ondata pandemica e la sanità rischia il collasso. Forse pochi ricordano che, nell’ultima settimana di campagna elettorale, Emiliano dichiarava che la Regione avrebbe messo 60 milioni nella Banca Popolare di Bari.
E che per questo aveva il diritto di indicare un nome in Consiglio d’amministrazione. La BPB in dissesto, com’è noto, è stata posta in amministrazione straordinaria nel dicembre 2019; sulle presunte malversazioni di alcuni membri degli organi amministrativi pendono diverse azioni penali. I commissari straordinari hanno anche già deciso l’azione civile verso chi ha avuto responsabilità nell’amministrazione, al fine di vedere risarcito il danno. Il salvataggio della banca è avvenuto tra dicembre 2019 e maggio 2020, con fondi del Fondo interbancario di tutela dei depositi e dello Stato.
Lasciamo da parte la sorpresa per la nomina alla presidenza della banca di Giovanni De Gennaro, che tutti hanno ricordato essere stato presidente di Leonardo, ma non anche capo della Polizia durante i fatti di Genova del 2001, la macelleria messicana per cui si è parlato di sospensione dello Stato di diritto in
Italia. Ma ormai questo sembra colore, sebbene bruci sulla pelle di una generazione, mentre è ormai abitudine attribuire incarichi nelle imprese pubbliche a chi viene dalla Polizia, come Giuseppe Tiani appena dimessosi da Innovapuglia.
Quel che qui contestiamo è che, agli sgoccioli della campagna elettorale, il presidente uscente abbia annunciato tale impegno economico, senza che ve ne fosse la reale necessità e senza consultare gli organi politici della Regione (giunta, Consiglio), quando altre priorità dovevano essere previste.
Preoccupa più che Innovapuglia non innovi granché e che le sedi della BPB diventino luoghi di tortura, che non di chi siede nel suo cda – purché si tratti di persone di certa indipendenza, visti i danni causati dalle cointeressenze territoriali – che renderà conto del proprio operato all’assemblea dei soci, dove è lo Stato (con MedioCredito Centrale) il maggior azionista.
Ci aspettiamo, perciò, che i denari di cui ha parlato Emiliano siano invece impiegati dalla Regione in più utili e urgenti provvedimenti.
L’impatto dell’emergenza, infatti, non deve far perdere di vista le ragioni per cui la Puglia è classificata a rischio arancione. Non si tratta del rapporto tra diffusione del Covid e popolazione: in tal caso non vi sarebbe motivo di ritenere la Puglia a più alto rischio rispetto ad altre regioni. Quel che qualifica come elevato il rischio, in Puglia, è la constatazione di incapacità del servizio sanitario regionale di farvi fronte.
I danni causati dalla regionalizzazione del sistema sanitario sono noti; e allora chiediamo al presidente appena rieletto, alla prossima giunta (a proposito, quale?) e al Consiglio regionale, se tali risorse non debbano essere destinate all’assistenza domiciliare, al supporto concreto alle scuole e/o a misure destinate a un reddito di emergenza per i soggetti più colpiti dalle ulteriori restrizioni. Sono interventi con cui si perseguirebbe un duplice obiettivo: il contenimento della pandemia e la cura della popolazione, colpita da chiusure causate anche dalle distrazioni di una lunga campagna elettorale, caratterizzata da discutibili campagne acquisti.