Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Taranto 2022, Melucci all’attacco: «Vinceremo noi»
Capitale italiana della cultura? Per il sindaco Melucci l’occasione di cambiare modello di sviluppo
Mostre, giornate dedicate al mare, grandi eventi nazionali e internazionali, focus sull’innovazione, festival e convegni, un anno intero di iniziative sull’ambiente. Sono alcuni degli elementi che costituiscono il dossier presentato dal Comune di Taranto e dai dodici Comuni della Grecìa Salentina per candidarsi a Capitale della cultura.
Sindaco Melucci, Taranto è una delle finaliste per la Capitale italiana della cultura 2022. Quali sono i punti di forza del dossier?
«Noi crediamo di aver lavorato in perfetta coerenza con lo spirito del bando voluto dal ministro Dario Franceschini, che stimola le nostre comunità a rigenerarsi attraverso la cultura, a elevare il nostro tessuto socio-economico attraverso la partecipazione attiva e modelli di sviluppo innovativi e sostenibili. Che nel caso di Taranto equivale a rimarginare certe ferite del passato, fatte dalla monocultura siderurgica. Questa nostra voglia di riscatto, l’aver innestato il dossier sul nostro piano di transizione ecologica, economica ed energetica, l’aver costruito a partire da una cultura antica e diffusa questo laboratorio nazionale del green new deal, riteniamo siano elementi non facilmente riscontrabili altrove, in questa stagione così particolare che il Paese intero sta attraversando».
Taranto non è sola in questo viaggio. Come sono nate l’intesa e la collaborazione con le città della Grecìa? E qual è il loro contributo?
«In prima battuta ci hanno cercato i nostri fratellini salentini ed è scattata subito una grande sintonia. Sono una splendida realtà, ricca di suggestioni, specie connesse alle nostre comuni radici elleniche. Il loro è un contributo di grande qualità».
Può spiegare il senso del claim La cultura cambia il clima?
«Volevamo giocare in senso positivo con l’attualità del cambiamento climatico, forse la più grande priorità che abbiamo tutti, quella che sembra avere persino una qualche relazione con l’origine della pandemia in corso. La cultura e la nuova immagine di Taranto sono un sicuro viatico per cambiare un futuro che qualcuno aveva già scritto per noi».
Che significato assumerebbe per Taranto essere designata Capitale della cultura?
«Inutile girare in tondo o fare finta che possa essere una simpatica sfida come per qualsiasi altra città italiana, non è nemmeno una questione relativa alle risorse o alle ricadute in ballo. Per noi è davvero la partita della vita, ha il valore quasi di una emancipazione dal buio nel quale l’industria di Stato ha gettato generazioni di tarantini, è un rito di passaggio alla maturità della nuova Taranto».
In caso positivo la città sarebbe pronta ad accogliere il prevedibile flusso di visitatori?
«Taranto è una antica capitale di mare, internazionale, è sempre pronta. Già oggi sostiene pesi e complessità che farebbero vacillare intere regioni. Taranto è una grande città, mai sottovalutarla. E poi, fino al 2022, il volto stesso del centro storico, del porto, della rete della mobilità sarà completamente mutato, per effetto dei tanti cantieri che abbiamo in ogni caso avviato».
La cultura e il turismo sono due leve per cambiare il futuro di Taranto. Che ruolo avrebbe la grande industria nell’immagine che la città offrirà?
«L’industria in sé non è un demone da abbattere. Londra, Barcellona, Parigi, solo per citare alcune città europee meravigliose, hanno intere centrali elettriche e cementifici e banchine fin dentro i loro meandri. Non facciamo l’errore di arrenderci prima ancora di iniziare un percorso o magari di pensare che altri, a differenza nostra, abbiano realizzato il paradiso in terra. L’industria va sicuramente trasformata, secondo le aspirazioni e i diritti della comunità, deve persino arretrare fisicamente dal tessuto urbano, assumersi finalmente delle responsabilità chiare nei confronti della città. Molto, quasi tutto, in questo frangente dipenderà dal Governo».
Lei ha detto che il nostro dossier ha più anima perché realizzato senza agenzie di consulenza, ma tutto con risorse interne. Qual è stato il contributo del comitato scientifico?
«In certi momenti senza quelle intelligenze altissime e quelle sensibilità meravigliose, innamorate di Taranto fin dentro le viscere, avremmo perso semplicemente la bussola. Li ringrazio ad uno ad uno».
Cosa dice al sindaco De Caro alla vigilia della designazione finale?
«Antonio è un amico vero e un riferimento assoluto per me, guardiamo sempre a Bari e a cosa è diventata come uno stimolo a far meglio, ma questa volta si arrendesse, arriva Taranto con tutto l’impeto del suo mare, e cambierà il clima».
Crediamo di aver lavorato in perfetta coerenza con lo spirito del bando. Bari è da sempre un riferimento e uno stimolo, ma questa volta vinciamo noi