Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Brandi, coach di Sinner «Vi racconto perché diventerà il numero 1»
Cristian Brandi, brindisino, fa da élite coach al nuovo asso italiano della racchetta «Ascolta e agisce, diventerà il numero 1»
BARI In pochi sanno che dietro il fenomeno Jannik Sinner, tennista italiano destinato ad approdare nell’olimpo della racchetta, c’è un pugliese. Cristian Brandi, 50enne originario di San Vito dei Normanni, è l’élite coach di Sinner. Braccio destro di Riccardo Piatti nel Piatti Tennis Center di Bordighera, ha un onore e una responsabilità. L’ascesa del futuro campione passa anche dalle sue mani.
Brandi, come nasce il suo rapporto con Piatti?
«L’ho conosciuto quando avevo 12 anni. Ora ne ho 50 e sono il suo vice. La prima volta l’ho visto a Giovinazzo, venne per un raduno. Mi trasferii a Roma, e quando aprì il centro di Riano nel 1984, diventò il mio maestro. Mi ha allenato finché ho giocato».
Oggi lei è un componente importante del suo team.
«Tre anni fa ha deciso di aprire il Piatti Tennis Center. Ho continuato, in questo tempo, a seguire alcuni giocatori, ma quest’anno mi ha chiesto di stare qui più spesso e ora sono con lui».
È qui che si è imbattuto nel fenomeno Sinner. Dove può arrivare?
«Sinner può arrivare in cima al mondo. I numeri sono quelli di Djokovic alla sua età. Il serbo a 19 anni vinse il primo Atp. Stessa cosa Federer. Sinner è consapevole di questo, continua a lavorare, sa che deve farlo duramente e lo sta facendo».
Qual è il suo punto di forza? «Il suo punto di forza è tutto. Sta crescendo di anno in anno, fisicamente si muove benissimo ma può ancora svilupparsi e ha le cartilagini da bimbo. Capisce subito le cose e le mette in pratica. È molto semplice lavorare con lui. Il bello è che parte dal presupposto che è giovane, vuole imparare, ti ascolta e va. Lo fa anche in partita: capisce cosa succede al momento, ragiona e mette in pratica».
Che rapporto avete?
«Ottimo rapporto. Scherziamo, lavoriamo. Ha molti anni meno di me, ma c’è buona sintonia. L’anno scorso abbiamo condiviso 11 tornei, quest’anno c’è stato il Covid, ma comunque abbiamo girato un po’».
Su quali superfici ha maggiori potenzialità?
«A lui piace molto il cemento, ma secondo me può giocar bene dappertutto. Sono curioso di vederlo a Wimbledon. L’anno scorso, al primo anno sull’erba, si comportò bene».
Qual è il valore aggiunto del suo team per uno come Sinner?
«Il nostro lavoro aggiunto è che Piatti è sempre avanti nel lavoro e nel rapporto coi ragazzi. Fa in modo che i loro lo seguano e raggiungano gli obiettivi».
Riesce a tornare in Puglia qualche volta?
«Poco, purtroppo. Ci sono spesso tornato per quel poco di vacanze che ho. Vivo a Bordighera e vado molto in giro per tornei».
Tornando a Sinner, qual è il consiglio che gli darebbe?
«Quando fai sport di alto livello, la pressione e la tensione sono sempre alte. Ecco, deve abituarsi a tutto questo e lui lo sa. Anzi più pressione c’è, meglio è per Jannik perchè cresce ancora di più».
Che si prova ad allenare un fenomeno del genere?
«L’ambiente è molto disponibile con lui perché è uno che vuole arrivare in alto e lo mette in mostra. Non a caso ha scelto di salutare i genitori quando era piccolissimo. Poteva fare lo sciatore, ma ha deciso di giocare a tennis. Da lì in poi è diventato tutto normale. In più è un bravo ragazzo, sempre gentile. È semplice rapportarsi a lui».
Il fenomeno ai raggi X È molto semplice lavorare con lui, un giovane che ha nel sangue la voglia di imparare e crescere. Lo fa anche in partita. Con Piatti e il sottoscritto lavora in grande sintonia, sono curioso di vederlo all’opera a Wimbledon