Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Terracenere: «Ciao Diego Ti marcai per avere la 10»
L’ex mediano del Bari ricorda Diego: «Scosso dalla sua morte, non ci ha mai fatto gol»
❞ Non reagiva ai falli Spesso capitava che commettessi fallo su Maradona. Una volta fui anche espulso Diego non si lamentava mai. Era un campione anche in questo
BARI Il mondo del calcio piange la morte del suo fuoriclasse. Diego Armando Maradona si è spento ieri, lasciando un vuoto incolmabile. Angelo Terracenere l’ha incrociato tante volte nella sua carriera. Lui nel Bari, Maradona nel Napoli. Le foto che li ritraggono uno accanto all’altro sono un prezioso cimelio. La sua maglia, poi, è uno dei regali più belli di sempre.
Angelo Terracenere, cosa è stato Maradona?
«È stato semplicemente il più grande giocatore di tutti i tempi. Immenso, sincero. Non ha mai avuto paura di parlare, e questo ha evidentemente condizionato il suo percorso dopo l’addio al calcio».
Quante volte l’ha incontrato da avversario?
«Ho avuto l’onore di marcarlo per ben quattro volte. A quei tempi il giocatore più forte della squadra avversaria era seguito a uomo, e per il mio ruolo spesso toccava a me questo compito. Il bello è che quando capitava che commettessi fallo su Maradona, lui non si lamentava mai. Ne subiva tanti, di falli, e li sopportava tutti».
Nel campionato 1989/90 la costrinse all’espulsione. Ma quella partita fu comunque speciale per lei.
«Ero già ammonito e l’arbitro, Lo Bello, mi espulse per secondo cartellino giallo, a dire il vero in maniera ingiusta. Ricordo che a fine partita, nonostante la durezza del match, chiesi la maglia a Diego e me la diede senza problemi».
Possiamo dire che nella sua carriera ha avuto l’onore di fermare il migliore di tutti?
«Credo di sì. Posso dire che quando l’ho marcato, non ha mai segnato. A volta capitava che commettessi qualche fallo in più perché garantisco che era tutt’altro che facile fermarlo. Se non andavi in anticipo e ti puntava, arginarne la qualità era molto ma molto complicato».
Come si preparava ad affrontare uno del genere?
«Il mio allenatore dell’epoca, Salvemini, era solito avvisarmi prima quando avesse intenzione di farmi incollare a un avversario specifico. Ricordo che se mi toccava Maradona, era solito scherzarci su. Mi invitava a dormire la notte, a non avere gli incubi. “Non sognarlo”, mi diceva».
Lei cosa rispondeva?
«Io magari ci pensavo un po’. Ma quando entravo in campo, dimenticavo tutto. Caratterialmente sono uno che non si fa problemi e affronta ogni avversario senza timori. Certo, se penso di aver giocato contro Maradona… Di certe cose uno si rende conto solo a posteriori».
Cosa era bello di lui?
«Era tutto pazzesco, anche guardarlo nel riscaldamento. Mai con la squadra, sempre da solo, palleggiando di testa, contro il muro. Già vederlo in quella circostanza era speciale».
È il più forte che lei abbia mai marcato?
«Assolutamente. A seguire, Zola e Matthaeus. Solo aver giocato bene al cospetto di un fuoriclasse del genere è qualcosa che mi inorgoglisce».
Aneddoti particolari?
«Al termine di quella partita in cui fui espulso, pensai bene di marcarlo anche fuori dal campo. Volevo la sua maglia a tutti i costi. Ricordo che mi posi accanto a lui e all’intervistatore, che si chiedeva cosa volessi da loro. Non sarei andato via per alcuna ragione al mondo. Ero lì e volevo la dieci. La ottenni».