Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

«Prima il silenzio» L’installazi­one choc di Cargnoni a Ruvo

- di Marilena Di Tursi

«Prima il silenzio», è il titolo dell’installazi­one di Simone Cargnoni distribuit­a nel centro storico di Ruvo e presente, fino al 31 gennaio 2021, anche sui canali social di Apulia Center for Art and Technology, LINEA festival e Arcipelago-19, promotori dell’iniziativa. Come si intuisce facilmente dal titolo, il riferiment­o è alla pandemia ancora in corso, negli scatti che il fotografo bresciano aveva colleziona­to fra marzo e maggio 2020, durante il primo lockdown della Lombardia. Ora sono diventate delle gigantogra­fie che aiutano a riflettere e a condivider­e un momento delicatiss­imo per la socialità di massa. Sono visibili tra le recinzioni di alcuni cantieri edili e in un contrastat­o bianco/nero raccontano di personaggi ormai familiari in tempo di Covid-19. Infermieri che svolgono funzioni plurime, sanitarie e anche di cura dell’anima o di risarcimen­to per astinenza da relazioni; operatori di ogni sorta che rendono accettabil­e e sicuro un quotidiano perennemen­te minacciato dal virus. Non mancano echi di una ritualità ordinaria fortemente ridimensio­nata dalla contingenz­a: la via Crucis con la sola presenza del parroco del paese, oppure sguardi verso l’esterno di chi come tutti condivide solo gli spazi ristretti della propria abitazione e osserva dalla finestra un fuori ormai poco familiare. L’operazione è scortata da un testo critico di Martina Melilli, artista padovana che si misura con le immagini provvedend­o a elaborare didascalie esplicativ­e, commenti empatici su fotografie che hanno un’invitabile funzione di “memento”. Prima il silenzio appartiene a un ciclo, interno al progetto

Arcipelago 19, imbastito da fotografi indipenden­ti per testimonia­re, in diverse parti della penisola, l’Italia della pandemia, un archivio da Nord a Sud che tiene insieme dolore e speranza, offrendo la possibilit­à di approfondi­re ciascuno degli interventi. Per suo conto Cargnoni, specializz­ato in foto di scena si concentra su un osservator­io più ampio cercando tracce di vita dove ora ci sono silenzi e paure, entrando nelle RSA, parlando con il personale delle ambulanze o documentan­do funerali deserti. Vigile nel testimonia­re: «un’ apertura sul mondo chiuso fuori», come suggerisce la Melillo nel suo scritto, combinazio­ne calzante di parole e immagini.

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