Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

L’epopea di Zorro nel jazz longevo del Tinissima Quartet

- Fabrizio Versienti

Chi è stato bambino negli anni Sessanta è cresciuto con la serie televisiva di Zorro, il giustizier­e mascherato tutto vestito di nero, baffetti da seduttore e spada sempre pronta a riparare torti e sconfigger­e cattivi. Un eroe moderno, fusione di svariati immaginari: quasi un d’Artagnan western, ma anche un super eroe ante litteram dotato di una doppia identità, un po’ come Bruce Wayne/ Batman. Nel pueblo di Los Angeles, al tempo della California spagnola, quasi nessuno sa che il gentiluomo don Diego De La Vega e Zorro, che le forze dell’ordine si ostinano a considerar­e un fuorilegge, sono la stessa persona. Ma il mito di Zorro è più antico; quest’anno compie cento anni, a far data dal primo film hollywoodi­ano a lui dedicato interpreta­to da Douglas Fairbanks. Mentre a rilanciarl­o nel nuovo secolo ci ha pensato Isabel Allende, con il suo libro del 2005. Niente di meglio, dunque, di un disco celebrativ­o da parte di uno dei gruppi più longevi del jazz italiano, il Tinissima Quartet guidato dal sassofonis­ta Francesco Bearzatti, non nuovo a operazioni del genere visti i progetti già dedicati in passato ad altri rivoluzion­ari (realmente esistiti, ma molto romanzati) come Malcolm X e Tina Modotti. Bearzatti fa sul serio, e con i suoi ottimi compari (Giovanni Falzone alla tromba, Danilo Gallo e Zeno De Rossi alla ritmica) realizza nove brani originali colmi di humour (El regreso), immaginari­o cinematogr­afico (il tema di Zorro che apre il disco e El triunfo del Zorro che lo chiude) e spunti terzomondi­sti alla Gato Barbieri (Tierra india, Algo mal). Musica plasticame­nte viva, scoppietta­nte d’idee e colpi di scena. Come un telefilm d’altri tempi.

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Francesco Bearzatti, «Zorro», Cam Jazz
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