Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
L’ALT(R)O PROFILO DI SAN NICOLA
Sulla copertina del dossier di candidatura che il Comune di Bari ha presentato per il riconoscimento di Capitale italiana della cultura 2022, e con cui si è assicurato il piazzamento tra le dieci finaliste, un san Nicola pixelato è già una sintesi chiara degli obiettivi da perseguire. Rivela, cioè, nella stringata efficacia oratoria dell’immagine, la volontà peraltro ribadita nella proposta progettuale - di attualizzare l’iconografia nicolaiana in chiave contemporanea, secondo i seguenti assi tematici: il sacro, la luce, il mare, l’oriente, il dialogo, il femminile. Muovendosi da solidi punti di partenza, che già da soli istituiscono il brand nicolaiano: tradizioni e culto, ovviamente sì, ma senza tralasciare il dialogo con il mare e, dunque, quella speciale identità territoriale che ha sempre voluto attingere da un altrove e da cui, non a caso, sessantadue marinai si presero le spoglie del loro patrono.
Ciò va ancorato con quanto richiesto dal Mibact che, nel promuovere l’iniziativa, intende sostenere la cultura in un’ampia accezione, per incrementare i processi di sviluppo, di partecipazione, di crescita comune e di quanto è ormai imprescindibile nel governo dei territori. Pertanto, il Comune ha previsto, nel concept, uno sguardo propositivo verso tutti quei contenitori culturali, restituiti o da consegnare a breve alla comunità, cui andrebbe aggiunto quanto già esistente in loco, in merito alla musealizzazione del santo di Myra, ad oggi in attesa di una confacente valorizzazione. Senza tralasciare, va da sé, il Polo del Contemporaneo, dove l’arte dovrà svolgere il suo ruolo, nella fattispecie, focalizzare temi di ampio respiro, nella dialettica passato/presente sempre bisognosi di aggiornate messe a fuoco. Di brillanti riavvolgimenti, insomma, impegnativi nel caso di San Nicola.
Per farlo, non si dovrà lesinare in rigore, puntando in alto, avvicinandosi alle scene che contano, confidando nella guida del San Nicola di cui sopra, rieditato in chiave digitale. Un santo vocato a un ecumenismo, peraltro a lui familiare, contemporaneo anche nei linguaggi con cui dovrà tornare a raccontarsi. Del resto, se i simboli sono in grado di parlare, di contenere universi di senso, il nostro, in una versione svecchiata anche negli attributi, non più con dorature di trascendente ieraticità ma icona con pixel consoni ai tempi, reclama nuovi approcci. La strada è impervia ma promettente, basta tenersi alla larga delle facili blandizie nazionalpopolari.