Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Per niente Candida
Cara Candida, lunga e difficile storia la mia. Starei per sposarmi, in teoria. Le nozze sono state rimandate una prima volta, a primavera, per causa Covid. C’era già tutto prenotato: la chiesa, il ristorante, le bomboniere, i fiori, la lista nozze. Inviti e partecipazioni già spedite. Per fortuna, mi scusi se uso quest’espressione in questo contesto di pandemia, è arrivata, appunto, la pandemia. L’idea era fare un matrimonio in grande, abbiamo sperato (la sposa, io no), di sposarci a settembre, ma ancora non si poteva, adesso puntiamo su aprile o maggio. Avrà capito che mi ritrovo tirato per capo e collo dentro questo matrimonio di cui sarei l’attore principale e a cui non ho alcuna voglia di partecipare. È andata così: dieci anni fa ero fidanzato e ho perso la testa per un’altra. Le due storie sono andate avanti parallelamente per svariato tempo. «L’altra» sapeva che ero fidanzato, ma resisteva sperando che io mollassi quella ufficiale per stare con lei. A volte si stufava e mi lasciava, ma poi io non riuscivo a stare lontano da lei, la inseguivo, lei tornava con me, io non riuscivo a lasciare la fidanzata ufficiale. Avevo tutta la famiglia che dava per scontato che ci saremmo sposati, ero schiacciato dal senso del dovere della promessa che le avevo fatto. In verità, le amavo tutte e due, non so. È passato del tempo e, oggi come allora, non mi è chiaro quello che mi passava per la testa. Forse il punto è che non so dire di no. Non so spiegarmelo diversamente. Insomma, a un certo punto mi sposo con la prima. Dura pochi anni, litigavamo sempre, io ero sempre sbagliato in qualcosa a suo dire. Mi lascia lei. E «finalmente» sono libero di stare con la seconda ragazza, che non avevo mai smesso di vedere. È passato altro tempo, quello necessario a formalizzare il divorzio e, semplicemente, la mia attuale fidanzata ha dato per scontato che ci saremmo sposati anche noi. L’ha sempre detto a tutti i parenti e gli amici, ha fatto il conto alla rovescia per il divorzio e poi è partita coi preparativi. Mi sono trovato a girare per chiese e per ristoranti, per negozi di bomboniere e per agenzie di viaggi di nozze, portato di qua e di là. Mi venivano chiesti pareri su tutto, pure sul colore dei tovaglioli, ma non mi è stato mai chiesto se davvero mi volevo sposare. Io credo di non essere tagliato per il matrimonio, mi sento in gabbia, mi sento sottoposto alla volontà di qualcun altro a cui non riesco a sottrarmi. Ora questo periodo di sospensione mi offre l’occasione per un ripensamento, ma non trovo il coraggio. Ho il terrore della tragedia che si scatenerà, del dolore che procurerò. Ho paura, soprattutto di non saper difendere la mia posizione. Ho lasciato che le cose andassero troppo avanti e ora non so più come fermarle. Mi aiuta lei?
Caro Sposo Bis, di solito sono le spose a scappare dall’altare, lo fanno in vaporose nuvole di bianco e sono fughe romantiche che puntano a saltare fra le braccia di un altro. Lei non ha avuto questo coraggio la prima volta, ma dovrebbe trovare adesso la forza di imporsi. Di tutte le possibili carenze che si possono attribuire a un uomo, la peggiore è il difetto di volontà. Quando in altri tempi si diceva «sii uomo» o «fai l’uomo» s’intendeva proprio questo: assumersi le proprie responsabilità, affermare la propria volontà. Lei vive inconsapevole a se stesso. Sono passati anni da un matrimonio forzato e sbagliato e ancora non ha capito perché disse sì. E l’uomo che non capisce se stesso è
di «CTahnedida mMaorrviaillgoe of Hè edai vGeiunsaenpdpe HDei Pll»iadzizKaeith Haring, 1985 È grande 91 metri quadrati
Invia le tue lettere a oppure scrivi a
Corriere del Mezzogiorno Vico II San Nicola alla Dogana 9 80133 - Napoli destinato a ripetere all’infinito gli stessi errori. Infatti, lei sta per replicare il solito copione. Mi permetto di osservare, fra l’altro, che l’odiosa percezione che ha del matrimonio («mi sento in gabbia, sottoposto alla volontà di altri a cui non riesco a sottrarmi») non è un rischio aleatorio e probabile solo se dovesse salire nuovamente all’altare, ma è esattamente la condizione in cui già si trova, sebbene formalmente celibe. Lei è già in gabbia che si è costruito da solo. Vive in balia di tutti quelli che si aspettano qualcosa da lei: fidanzate, parenti, amici si degnano di consultarla solo sul colore dei tovaglioli. Dovrebbe cominciare da qualche parte a spezzare questo automatismo. Siamo percepiti come tappezzeria se ci comportiamo da tappezzeria. La gente ci consulta sulle facezie, così per educazione, ma a nessuno interessa davvero la nostra opinione. Succede, quando non si ha un’opinione. La personalità si nutre di idee e della volontà di realizzarle. Lei difetta di entrambe le cose. Infatti s’innamora sempre donne volitive che volentieri la sollevano dall’onere di prendere posizioni e sostenerle. Se non sappiamo chi siamo e che cosa vogliamo è assai difficile ottenerlo e finiamo per essere agiti da chiunque abbia abbastanza carattere ed ego da colonizzare qualcun’altro. Rifletta su questa frase di Alfred de Musset: «Per riuscire nel mondo, prendete bene in considerazione queste tre massime: vedere è sapere; volere è potere; osare è avere». Se si sente soffocare all’idea di sposarsi, deve solo ammetterlo. Ora è in tempo. Dopo, sarà peggio. Approfitti della pandemia, non per temporeggiare sul matrimonio, ma per lavorare su se stesso. Per guardarsi dentro, per tirare fuori un po’ di carattere. E per capire cosa vuole e non solo cosa non vuole. E non si faccia troppi sensi di colpa per l’aspirante sposa: anche lei ha le sue responsabilità. Noi donne sappiamo sempre se a tirare il carro dell’amore siamo in due o siamo da sole.