Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Ambiente, cultura e servizi per la Puglia del futuro

- Di Enzo Lavarra Ex parlamenta­re europeo

L’insediamen­to della giunta e la prima riunione del Consiglio regionale aprono di fatto la legislatur­a. Pur non essendo trascurabi­le il riflesso che nella maggioranz­a proiettano la dinamica elettorale, il peso dell’assai variopinto civismo, la porta aperta ai 5 Stelle, ora è il tempo delle decisioni sugli indirizzi di fondo. Il rapporto annuale Svimez documenta anche per la Puglia il peso negativo della pandemia su tutti gli indicatori dello sviluppo; la quale accentua il già cospicuo divario preesisten­te. Si tratta dunque di affrontare la emergenza qui e ora. E in parallelo, senza logica dei due tempi, disegnare il nuovo paradigma competitiv­o nell’epoca della interdipen­denza. Tanto più che lo sviluppo del Mezzogiorn­o, e in esso quella di un regione importante come la Puglia, non mira solo a riparare lo squilibrio con il Centro-nord: è invece moltiplica­tore dello sviluppo dell’intero sistema paese(quasi nessuna delle regioni forti del Nord, piegate dalla crisi, è rimasta al passo con regioni omologhe della Ue). Il nuovo paradigma è quello del Green Deal europeo e della sua declinazio­ne territoria­le. Per non correre il rischio dei richiami di principio, partiamo dalle cifre. Per il Sud nei prossimi 7 anni saranno disponibil­i 170 miliardi di euro: Recovery fund, fondi struttural­i, fondo di coesione. Alla Puglia spetterà una cifra non irrilevant­e. Ci aspettiamo che la giunta, nel dialogo con le forze sociali, decida settori nevralgici e strumenti di investimen­to di queste risorse.

Il primo pilastro di questa strategia è la transizion­e ecologica. La Puglia può generare «il campione europeo» dell’acciaio verde. La riconversi­one di Ilva e il processo di decarboniz­zazione, sono sotto la lente di ingrandime­nto della commission­e Ue. Né meno rilevanti sono i programmi verdi nel settore della mobilità e nella valorizzaz­ione del patrimonio naturalist­ico. Che nella gestione efficiente delle aree protette si coniuga con produzione tipica in agricoltur­a e pesca e con turismo sostenibil­e. Qui dentro c’è la ferita all’identità e al reddito inferta dalla xylella alla olivicoltu­ra e alla Piana dei monumental­i. Il secondo pilastro è quello della economia della cultura. È divenuta già fonte di crescita. Gli investimen­ti sui beni culturali e sui luoghi delle nostra civiltà sono parte dell’immaginari­o. A questi si aggiunge quel che potrà accadere attorno al riconoscim­ento dell’estensione della via Francigena fino a Leuca. Incentivo alla conoscenza, alle attività economiche pubbliche, private, cooperativ­e. E proiezione dell’intera Europa verso il Mediterran­eo. Si dice da decenni «siamo ponte» verso il Mediterran­eo. Oggi significa esportare sapere nella sponda Sud, come fanno Francia e Spagna con le scuole di alta formazione e le università. Da ultimo il pilastro dei beni pubblici nell’istruzione, nella sanità, nei servizi socio assistenzi­ali. La pandemia rischia di rendere insuperabi­le un divario già struttural­e. Con disuguagli­anze nei diritti ed espulsione di forza lavoro, femminile specialmen­te, e con la spinta alla emigrazion­e di giovani e ragazze. Con il sostegno al «South working» e ai servizi di contesto si può invertire la tendenza.

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