Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«In Bosnia nel ‘96 esposto all’uranio impoverito» L’odissea del colonnello 24 anni dopo continua
Calcagni, di rientro dalla missione, si ammalò Lo Stato gli nega i danni, il Tar gli ridà ragione
BARI Questa è la storia di un uomo che ha giurato fedeltà allo Stato, donando la propria esistenza alla vita militare. Ma che oggi è costretto a lottare proprio contro lo Stato che ha servito con onore e professionalità. Quest’uomo è il colonnello Carlo Calcagni, 52 anni,nato in Germania ma da sempre residente a Cellino San Marco, ufficiale del ruolo d’onore dell’Esercito, che da anni si trova a combattere per veder riconosciuti i propri diritti dopo essersi gravemente ammalato in una missione di pace.
Tutto ha inizio nel 1996 quando il Calcagni è in Bosnia Erzegovina, sotto egida dell’Onu, unico pilota di elicotteri del primo contingente italiano della forza multinazionale, svolgendo anche attività di soccorso attraverso il servizio di evacuazione medico sanitaria. Poco dopo il rientro in Italia, Calcagni inizia a stare male. Gli accertamenti medici rivelano una terribile verità: il suo fisico è minato da una serie di gravi patologie, croniche, degenerative ed irreversibili. Molti gli organi colpiti. Con grande forza di volontà inizia il suo calvario fatto dalla quotidiana assunzione di una miriade di pasticche, iniezioni, trasfusioni, dal bisogno di ossigeno.
Ma non gli basta sopravvivere. Calcagni vuole vivere pienamente il nuovo tempo che gli è dato: lo sport è la sua nuova dimensione, pedala, rema, si allena con passione. Per lui è importante dimostrare a tutti coloro che vivono la malattia quanto sia benefica l’attività sportiva come primo antidoto alle sofferenze. Entra nel Gruppo sportivo paralimpico della Difesa, partecipa ad un’edizione degli Invictus Games, nel 2016 in Florida, portando a casa ben tre medaglie d’oro nel ciclismo e nel rowing. Attraverso lo sport l’ex ufficiale vuole gridare la sua volontà di non arrendersi. Ma non rinuncia a capire perché sia finito in questo incubo.
La sua battaglia trova una prima importante risposta: il 10 marzo 2005 la Commissione medica dell’ospedale militare di Bari scrive che «...il paziente ha operato in zone belliche e verosimilmente esposto ad uranio impoverito». Lo stesso anno, il Comitato di verifica del Ministero dell’Economia e Finanze riconosce il nesso causale tra le patologie insorte e gli effetti delle polveri di metalli pesanti generate dagli armamenti utilizzati dagli americani in Bosnia, passaggio fondamentale per ottenere il decreto del ministero della Difesa di riconoscimento della dipendenza della malattia da causa di servizio.
Le carte parlano chiaro, tutte, e Calcagni decide di chiedere il risarcimento del danno. Il ministero della Difesa chiede un parere all’Avvocatura dello Stato di Lecce la quale nel 2007 chiede ulteriori informazioni al ministero per potersi esprimere. E qui l’amara sorpresa: nel 2013, il ministero scrive che «il colonnello Calcagni non ha effettuato alcuna attività di volo nella misin Bosnia». Una dichiarazione in contrasto con il libretto dei voli di guerra operati in quella missione e depositato presso la scuola di Cavalleria di Lecce da cui risulta che il colonnello ha effettuato 48,30 ore di volo.
Da qui parte la seconda, lacerante odissea di Calcagni, costretto ad ingaggiare una battaglia legale con il “suo” ministero che gli nega per due volte l’accesso ai documenti che hanno dato origine a quel pronunciamento. È stato necessario ricorrere al Tar del Lazio che, nel marzo 2019, ha dato torto al ministero. La battaglia si riaccende, dunque, ma è ancora lontana dalla sua conclusione.
L’amarezza di Calcagni e della sua famiglia è riassunta nella lettera che Tonino, papà di Carlo, ha scritto nei giorni scorsi al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: «Ho affidato mio figlio alle istituzioni, a quelle istituzioni che Lei rappresenta – scrive Tonino Calcagni - che sono simbolo di legalità, moralità, onore e rispetto. Non siete stati capaci di proteggerlo e, ciò che non vi fa onore, è l’averlo abbandonato ad un destino che gli ha presentato quel maledetto nemico invisibile».