Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Sergio Nelli e l’Estate italiana Un diario contro il dolore

Esce per Les Flâneurs il nuovo libro del «maestro segreto» Sergio Nelli: densi frammenti di vita

- di Fabrizio Versienti

L’Estate italiana di Sergio Nelli è una lettura che non lascia indifferen­ti. In quel blob-genere che è ormai la narrativa della pandemia, per tacere degli studi socio-filosofici di covidologi­a, questo libro breve ma denso, con la sua forma diaristica che privilegia il frammento e spesso l’aforisma, si segnala sia per l’originalit­à della struttura che per la potenza della scrittura, lineare, asciutta, elegante. Sono solo 74 pagine, 158 note senza data di lunghezza variabile (da un rigo appena a quattro pagine) per raccontare l’estate dopo il lockdown, quei mesi che ci hanno illuso un po’ tutti di essere già oltre. Prima che arrivasse la peraltro prevista seconda ondata.

Il Covid nel libro di Nelli è un elemento di fondo, un’ombra che raramente si prende la scena ma certo la condiziona. In primo piano ci sono momenti di vita domestica in famiglia, puntate in ospedale, gite in campagna, e soprattutt­o un affascinan­te flusso di ricordi, riflession­i, versi, consideraz­ioni. «La forma diaristica mi è molto congeniale», racconta l’autore, raggiunto al telefono nella sua casa di Firenze. «Qui, com’era già successo in passato con Ricrescite, dà la forma a tutto il libro; ma anche quando pratico altri generi di scrittura salta spesso fuori, è una presenza ricorrente. Mi piace perché mi dà modo di alternare l’elemento narrativo con quello saggistico e con qualche tentativo di scrittura in versi, e poi mi permette di unire alla mia le voci degli altri».

Sergio Nelli è uno scrittore toscano non più giovane, con una bibliograf­ia tutt’altro che lineare: dopo l’esordio con Castelvecc­hi (Dopopasqua, 2000) e prima di ritornarvi con il recente Albedo (2017), ha pubblicato con Einaudi (Orbita clandestin­a, 2011) e vari altri editori. Il primo esperiment­o di scrittura diaristica, Ricrescite, nato dall’esperienza della nascita di un figlio a confronto con la scoperta della malattia («uno scompenso cardiaco spiega - che mi consente di avere una vita più o meno decente, ma è una cosa degenerati­va, mi obbliga a convivere con la paura, la possibilit­à della morte»), fu pubblicato nel 2004 da Bollati Boringhier­i e poi riedito due anni fa da Tunuè. Ora, questa Estate italiana esce per il marchio barese Les Flâneurs con la cura editoriale di Davide Grittani; un tentativo costoso e coraggioso per la piccola casa editrice di Alessio Rega di andare oltre le difficoltà del momento puntando su un mercato non solo locale. Sulla quarta di copertina, parole di ammirazion­e e supporto da parte di due nomi di peso come Antonio Moresco e Vanni Santoni (che lo definisce uno dei «maestri segreti» della nostra letteratur­a). «Li ringrazio moltissimo per la stima e la fiducia. Devo dire che con Moresco ci conosciamo da tanto, lavoriamo insieme al blog Il primo amore, abbiamo fatto anche una rivista», commenta Nelli; «mi ha sostenuto e aiutato già con Ricrescite. La mia storia con gli editori è così, fatta di alti e bassi, ma ora alla mia età capisce bene che non m’interessa più diventare famoso. Il mio obiettivo è scrivere, pubblicare ed essere letto».

Nelli ha studiato al liceo classico (e si sente, dai frequenti rimandi alla cultura e ai miti greci presenti nei frammenti della sua Estate), poi si è laureato in filosofia (il suo primo libro, che risale al 1982, è un saggio su Determinis­mo e libero arbitrio edito da Loescher), ha insegnato, finché la scrittura ha finito per prevalere. La ricchezza di questo percorso si riflette nel libro, con citazioni e riferiment­i agli autori con i quali Nelli intrattien­e un dialogo a distanza: Wittgenste­in, Heidegger, Rilke, Gombrowicz, Severino e Canetti, Brodkey, Joyce, Nabokov, fino a Caproni, Palazzesch­i. E Leopardi, il poeta ma anche il filosofo delle Operette morali e dello Zibaldone, con il suo elogio degli uccelli per la loro superiore vitalità e il suo continuo riferiment­o all’esterno, a una natura di cui non si può fare a meno. «A me, dopo il lockdown – spiega Nelli - l’esterno era assolutame­nte necessario, anche per via della mia malattia. E poi questo momento di liberazion­e ha coinciso con l’estate, che è la stagione dell’aperto, dei sensi, del movimento».

Il frammento numero 100, forse il più corto in assoluto, dice «Con lo scrivere mi riposo un po’ dal dolore». E Nelli commenta: «non voglio dire che scrivo con gioia, scrivere è un lavoro faticoso, ma certo allontana la mente dalla paura». Nel libro, infatti, non mancano momenti di grande leggerezza e felicità espressiva, coincident­i con l’emergere dei ricordi dell’infanzia: «una stagione della vita in cui si vive molto all’aperto, a contatto con la natura, sperimenta­ndo le cose per la prima volta. Ho nostalgia di quella stagione. Quando sono stato bambino io, negli anni Cinquanta/Sessanta, i ragazzi erano molto liberi. Sono nato in un paese, Fucecchio, una zona della provincia fiorentina che nel dopoguerra era in piena industrial­izzazione; ma era rimasto qualche contadino, a me piacevano molto le loro case, i fienili, le bestie».

Gli amici, i luoghi di una Toscana minore, i sapori dei ricordi, lungo un percorso che finisce inevitabil­mente a Firenze, in una casa dove ci sono la gatta, la moglie, il figlio oggi adulto, un microcosmo affollato

❞ Dopo il lockdown la natura, l’esterno, mi erano assolutame­nte necessari. E scrivere ha allontanat­o il dolore

di oggetti cari, e poi i lungarni e la città: «Mi meraviglio sempre che a Firenze nulla ricordi Collodi, il grandissim­o Collodi; come se non fosse vissuto lì». E per celebrarlo adeguatame­nte nella sua Estate italiana, Nelli ricorre a Savinio che racconta con una leggerezza che sa di nuvole i primi passi di Collodi sul cammino dell’immortalit­à. Poi, lentamente, l’Estate finisce: tra divagazion­i geografich­e e resoconti da compulsivo spettatore di film palestines­i sconosciut­i ai più e scaricati in rete, arriva l’equinozio, e poco dopo la seconda ondata. «Così, la ripetizion­e offre un tempo nuovo» (chiosa il frammento n. 150). E cosa porta ora il tempo nuovo a Nelli? Altre scritture? «Beh, ho un libro nel cassetto da tempo, Lo champagne di Cechov, sempre sui temi della morte, del finire. Ma aspetterà. Ho scritto anche dei racconti d’amore, magari farò uscire prima questi».

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Nel suo libro Estate italiana Sergio Nelli (a sinistra) riprende l’elogio degli uccelli di Leopardi: «partecipan­o del privilegio dell’uomo di ridere» (cantando in volo), e «sono di natura meglio accomodati a godere e ad essere felici»
L’elogio degli uccelli Nel suo libro Estate italiana Sergio Nelli (a sinistra) riprende l’elogio degli uccelli di Leopardi: «partecipan­o del privilegio dell’uomo di ridere» (cantando in volo), e «sono di natura meglio accomodati a godere e ad essere felici»
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