Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Bari è città». Ritrovato documento del 1935
Il riconoscimento ottenuto grazie a Di Crollalanza in epoca fascista. L’atto di nomina intanto era sparito
Dimenticato per 85 anni, ritrovato nel deposito di Casamassima dove il Comune invia i suoi atti. Bari ha finalmente ritrovato nelle sue carte d’archivio il riconoscimento di “Città”, datato 1935 e fortemente voluto dall’allora podestà Araldo di Crollalanza. Una testimonianza di cui si erano perdute le tracce.
Dimenticato per ottantacinque anni e cercato in lungo e in largo in tutto il palazzo. Fascicoli, armadi, cassetti e stanze. E persino tramite un’interpellanza al Ministero dell’Interno. Ma nulla da fare: sparito. In realtà se ne stava a qualche chilometro di distanza, nel deposito di Casamassima tra la polvere e gli scaffali e il rischio deterioramento. Lì dove ogni anno Bari invia chili e chili di documenti da catalogare in archivio. Quelli che, nella migliore delle ipotesi, non finiranno subito al macero. Il macero che per fortuna ha risparmiato questo pezzo di storia, datato il lontano 8 gennaio 1935, ma mai esibito e valorizzato.
Bari ha finalmente ritrovato nelle carte d’archivio il suo riconoscimento di “Città”, lo stato giuridico ottenuto negli anni ’30 tramite l’allora ministro ai Lavori Pubblici, e già podestà della città, Araldo di Crollalanza che convinse il governo ad accogliere la richiesta del commissario straordinario Vincenzo Vella. Un titolo però mai utilizzato nella vita istituzionale e nella sua proiezione verso l’esterno. A dir la verità nemmeno cercato.
In questa ricostruzione della memoria c’è la caparbietà di Vito Leccese, l’attuale capo di gabinetto e cerimoniere del sindaco Antonio Decaro, che da tempo si era messo sulle tracce delle lettere mancanti di una pagina finita precocemente nell’archivio del revisionismo storico perché legata agli anni del Fascismo. «Mi chiedevo dove fosse finito l’atto e perché non lo usassimo. Così abbiamo iniziato a cercarlo. Bari merita di poter esibire questo titolo giuridico, peraltro previsto dall’articolo 18 del Tuel e che le conferisce il giusto riconoscimento, data la sua storia, la sua importanza nel panorama dei Comuni italiani» spiega Leccese in versione cacciatore di documenti. «Evidentemente – aggiunge – per anni non si è voluto valorizzare uno degli ultimi regali fatti da Crollalanza alla sua Bari perché legati a una fase storica difficile per il nostro Paese. Ora, giusto 85 anni dopo, è quanto mai opportuno che tale riconoscimento sia evidenziato per rafforzare, in questo difficile periodo, la nostra identità di comunità, il nostro passato, e anche come sprone per noi cittadini e segno di fiducia verso un futuro all’altezza della storia».
E così l’amministrazione comunale si avvia a un nuovo corso istituzionale, peraltro già avvallato dalla giunta con un’apposita delibera di indirizzo approvata nei giorni scorsi. Progressivamente sparirà la denominazione «Comune di Bari» per cedere il passo – su documenti, fascicoli, carte intestate, cancelleria istituzionale e occasioni da cerimoniale – al nuovo logo «Città di Bari». Di cui esiste attualmente solo una traccia implicita nel gonfalone: lo stemma sovrastato dalla corona turrita a otto punte di cui cinque visibili. Ma nulla più. Nello Statuto comunale invece al primo articolo si parla genericamente di «città», utilizzandone il sostantivo ma non il titolo con la prima lettera maiuscola. Ora occorrerà quindi anche una modifica statutaria da parte del Consiglio comunale.
Un titolo onorifico che nel corso dei secoli è stato riconosciuto a circa seicento Comuni italiani, tra i cui anche le città metropolitane come Torino, Venezia, Firenze e Palermo e diverse città pugliesi. Bari lo aveva da 85 anni ma senza riuscire a trovare l’atto originale per poterlo dimostrare. Ora quell’atto ultraottantenne sta in bella mostra, in cornice, al primo piano di Palazzo di Città. Difficile perderlo di vista.
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Per anni non si è voluto valorizzare uno degli ultimi regali fatti da di Crollalanza alla sua Bari perché legati a una fase storica difficile per il Paese. Ora il riconoscimento serva a rafforzare la nostra identità di comunità, il nostro passato