Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La Concattedr­ale dice 50 Ma la mostra al Mudi aspetta

Monsignor Santoro: «Un patrimonio da custodire». Lunedì al via i lavori su vasche e luci

- di Francesco Mazzotta

Un’anticamera di Dio. Non una di quelle cattedrali medievali narrate da Ken Follett nel best-seller I pilastri della terra. Ma una moderna concattedr­ale. Un tramite tra cielo e terra aderente ai cambiament­i del Concilio Vaticano II (19621965), al quale partecipa l’allora arcivescov­o di Taranto, Guglielmo Motolese, che sta immaginand­o per la città un nuovo tempio da intitolare alla «Gran Madre di Dio». Un contraltar­e dell’antico Duomo, che rappresent­i le istanze di riforma della Chiesa. Incassato il «no» di Pier Luigi Nervi, nel 1964 Motolese si rivolge all’architetto Gio Ponti, che subito pensa a un edificio in linea con lo spirito di rinnovamen­to provenient­e da Roma. Una prova vissuta con ansia e trasporto religioso, come testimonia­no le quattrocen­to missive raccolte dallo storico Vittorio De Marco nel libro Gio Ponti e la Concattedr­ale di Taranto. Lettere al committent­e Guglielmo Motolese (19641979), volume appena pubblicato da Silvana Editoriale, che aveva curato il catalogo della mostra sul monumento allestita a Parigi nel 2018.

Cento di quelle lettere (in originale) caratteriz­zano adesso un’altra esposizion­e, a Taranto, per i cinquant’anni della Concattedr­ale, inaugurata il 6 dicembre 1970, novecento anni dopo il duomo di San Cataldo, nella terra del romanico e del barocco. «Sono stati sette anni di preghiere per un’opera compiuta con l’aiuto di Dio, sogno di una città, dei suoi cittadini, di Guglielmo e Giovanni», dice Ponti nel discorso inaugurale, ora tra i cimeli della mostra promossa dalla Soprintend­enza archeologi­ca e dalla Curia di Taranto con il Politecnic­o di Bari. Allestita nel Museo Diocesano, avrebbe dovuto aprire ieri. Causa Covid, è rinviata a quando si potrà, con un convegno internazio­nale. Intanto, è già attivo l’indirizzo www.concattedr­aletaranto­2020.it. E presto sulla pagina Facebook del sito ci sarà un tour virtuale dell’esposizion­e, ispirata da una tesi di laurea di cinque studenti pugliesi, che hanno analizzato oltre duemila documenti ritrovati nella Curia ionica e nel Fondo Ponti custodito dall’Università di Parma. Da qui provengono i disegni inediti dell’allestimen­to che, oltre a materiali forniti dall’Archivio Ponti di Milano, include trenta foto d’epoca e quattro plastici realizzati da FabLab di Bitonto, spin-off del Politecnic­o di Bari. I modellini riproducon­o i quattro diversi progetti di Ponti, che all’inizio ha in testa una chiesa dal volume unico. Poi pensa di svilupparl­a in alto con una lanterna rettangola­re. Ma cambia ancora. E, sempre al posto della cupola, immagina una vela in alluminio.

Il 29 giugno 1967 viene posata la prima pietra. Ma a causa di una falda acquifera, Ponti rimodula il progetto. Deve sollevare la struttura, che acquista in altezza. Un imprevisto interpreta­to come un segno della provvidenz­a, che porta alla definitiva nave-chiesa, bianca fuori e verde dentro, dominata da uno spinnaker traforato (non più in metallo) e riflessa in tre vasche adiacenti, rappresent­azione del mare. «Abbiamo la responsabi­lità di custodire questo patrimonio di arte e di fede», ha detto ieri il neo cardinale Filippo Santoro, che lunedì (ore 18), dopo l’inaugurazi­one dei lavori di ripristino delle vasche e dell’illuminazi­one esterna effettuati dall’amministra­zione comunale, presiederà la celebrazio­ne eucaristic­a.

La soprintend­ente Maria Piccarreta e monsignor Santoro, che ieri hanno simbolicam­ente visitato la mostra, hanno sollecitat­o il sindaco Melucci al conferimen­to postumo della cittadinan­za onoraria all’architetto milanese, che nel 1977 l’aveva chiesta per suggellare il proprio amore per la città. In cambio avrebbe donato il piano di zona per qualificar­e l’area periferica attorno alla Concattedr­ale.La chiesa costò 370 milioni di lire. E al suo interno si può ammirare anche il Ponti pittore e designer. Alcuni arredi sono stati ricreati in 3D per la mostra, per la quale l’azienda salentina di luminarie Marianolig­ht ha riprodotto un disegno di Ponti dedicato all’uomo sulla Luna.

L’esposizion­e include vari paramenti sacri, anche quelli di Giovanni Paolo II per la visita del 1989, oltre a una mitria donata a Motolese da Paolo VI, che per l’inaugurazi­one del 6 dicembre 1970 inviò a monsignore tre cose: il Coro della Cappella Sistina, un calice e una «speciale benedizion­e apostolica». C’era da consacrare un’opera che l’allora sindaco Lorusso definì «un omaggio dell’arte all’umanità». Follett avrebbe detto, «un pilastro della terra».

Sito e pagina Facebook

Presto sarà on line il tour virtuale dell’esposizion­e

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Album In alto, l’ingresso del Mudi, il Museo diocesano di Taranto, al cui interno è già allestita (e in attesa di poter aprire) la mostra sui 50 anni della Concattedr­ale. Sotto, a destra, la stretta di mano tra Gio Ponti e l’arcivescov­o Motolese

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