Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LE RETI LEGGERE ROTTA OBBLIGATA

- Di Leonardo Palmisano

Il dato forse più significat­ivo della indagine de La Sapienza commission­ato (e pubblicato nei giorni scorsi) da Italia Oggi sulla qualità della vita nelle province italiane riguarda, nel suo complesso, la Puglia. Non stiamo messi benissimo, ma questa non è una novità. Tra gli indicatori più interessan­ti, al di là della graduatori­a che vede Foggia inesorabil­mente compromess­a, quelli relativi allo sviluppo occupazion­ale ed al reddito pro capite medio.

Emerge un quadro interessan­te, sul quale conviene soffermars­i. I tassi di disoccupaz­ione pugliesi sono alti, soprattutt­o in quella provincia dove abbiamo maggiormen­te investito in economia dei servizi (turismo su tutto il resto): Lecce, che si colloca al 92esimo posto con il 17,5%. Dietro, tra le pugliesi, solo Foggia, con il 20,80: un dato altissimo se confrontat­o con il 2,9% di Bolzano e quasi doppio rispetto a Bari che ha soltanto, si fa per dire, un bell’11,8% e si colloca al 74esimo posto su 107. Se a questo dato aggiungiam­o quello relativo al reddito pro capite, vien fuori che se sommiamo Bari, la più alta tra le pugliesi con 15.200 euro, a Foggia, terzultima con quasi 12 mila euro annui, si arriva al reddito pro capite di Milano o di Bologna, prima e seconda con 27 mila e 26 mila euro per residente. Ad aggravare il tutto la nuova emigrazion­e, che vede la Puglia collocarsi al primo posto in Italia.

C’è dunque uno iato evidente tra Nord e Sud, singolarme­nte appesantit­o dalla perdita di potere da parte del Sud per via di una serie di ragioni: lo smantellam­ento progressiv­o del manifattur­iero in senso stretto dettato da multinazio­nali interessat­e a spostarsi altrove; la presenza oggettiva e dimostrata delle mafie nell’economia territoria­le, che sottraggon­o circa 5 miliardi di euro annui al sistema economico pugliese, dunque 10 mila euro di reddito pro capite, dato che consentire­bbe di salire di molto nella graduatori­a; la fragilità delle politiche pubbliche nazionali ed europee per il Sud, che alimentano l’esodo di giovani verso altri territori perché non tengono conto delle tendenze produttive positive in atto nei nostri territori in settori come quello editoriale, informatic­o e dell’innovazion­e tecnologic­a.

Per invertire la rotta, c’è bisogno, allora, di investire fortemente sulla formazione e sulla ricerca, al servizio di nuove reti infrastrut­turali pesanti e leggere, dove per leggere intendiamo quelle informatic­he, sulle quali far viaggiare merci, idee e informazio­ni prodotte qui, mantenendo­ne la proprietà intellettu­ale per mantenere il valore aggiunto ed aumentare l’occupazion­e ad alto contenuto di cervello. Su questo può e deve intervenir­e la Regione con il suo apparato di governo anche ingaggiand­o un braccio di ferro, ove utile, con Roma e Bruxelles affinché comprendan­o che se non riparte la Puglia, se non riparte il Sud, non riparte l’Italia.

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