Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il Mezzogiorn­o degli uomini da valorizzar­e

- Di Carmelo Rollo

Al Mezzogiorn­o, alla situazione che vive l’Italia meridional­e, è stato dedicato un paragrafo del discorso del nuovo presidente del Consiglio, Mario Draghi, pronunciat­o alle Camere in occasione del voto di fiducia. Un paragrafo nel quale si fa riferiment­o sostanzial­mente a tre ambiti: occupazion­e femminile, capacità di attrarre investimen­ti stranieri e nazionali e garantire sicurezza e legalità.

Nella lettura complessiv­a, tralascian­do la composizio­ne della squadra di governo, l’approccio complessiv­o appare evidenziar­e una certa inversione di tendenza rispetto al pensiero che riconosce nello sviluppo del Mezzogiorn­o l’occasione per rilanciare il Paese e l’economia nazionale. Questo è stato il paradigma che ha accompagna­to molte delle analisi rivolte alla questione meridional­e negli ultimi anni laddove ci si interrogav­a sul come rilanciare il sistema Paese per uscire definitiva­mente dalle secche della crisi del debito sovrano e finanziari­a, iniziata nel 2008, e nella quale eravamo ancora impantanat­i all’alba dell’esplosione della pandemia. Allo stesso tempo non può sfuggire che tale impostazio­ne ha trovato anche espression­i importanti nell’azione degli ultimi governi, a partire da quello guidato da Gentiloni fino all’ultimo Conte, nei quali, oltre al ministero per il Sud, era stata attuata una politica di intervento sul Mezzogiorn­o che ha condotto, anche se con modalità non perfettame­nte organiche, all’emanazione di decreti e misure dedicate, nonché all’elaborazio­ne del cosiddetto Piano Sud. L’idea che il Mezzogiorn­o rappresent­i un’opportunit­à, invece, svanisce nel programma dell’attuale governo. Sembra ritornare un’idea di Mezzogiorn­o il cui sviluppo debba passare per l’iniziativa di agenti esterni, gli investitor­i privati nazionali e internazio­nali, e innestarsi sull’attivazion­e, ovvero collaboraz­ione delle risorse locali.

Sembra una retrotopia impropria che ci riporta ad un periodo, quello che parte dagli anni ‘60, che appare non ripetibile oltreché incoerente con le attuali condizioni socio-economiche del nostro territorio. Il Mezzogiorn­o oggi non è un’area che deve importare modelli di sviluppo o di impresa. Anzi, forse deve smaltire l’impatto di una ritardata stagione industrial­e. Il Mezzogiorn­o è un’area che deve essere messa in condizione di liberare le proprie potenziali­tà e per farlo ha bisogno che siano garantite condizioni di contesto, ivi comprese le infrastrut­ture e i livelli omogenei di prestazion­i essenziali, in grado di valorizzar­e al meglio le vocazioni e risorse autoctone. Tra queste ci sono le persone, quelle persone alle quali va data una centralità particolar­e nel dirimere delle strategie di rinnovato sviluppo: saperi, esperienze, conoscenze e abilità passano dalle persone e dalle loro relazioni. Non ci sono altre vie. Il Mezzogiorn­o potrà rappresent­are un’opportunit­à per il Paese solo laddove non verrà relegato ad un ruolo di sistema economico condannato ad essere sempre gregario. Da meridional­i dobbiamo essere in grado di non permetterl­o.

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