Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE LA SCUOLA È UNA DOMANDA O LA RISPOSTA

- di Giancarlo Visitilli

Quanto bene vuoi a mamma? Vuoi più bene a mamma o papà? A scuola vuoi andare? Cosa vuoi da mangiare? Sono le domande con cui gli educatori in genere si rapportano ai loro pargoli. E che richiedono risposte adulte, sensate.

Quanto bene vuoi a mamma? Vuoi più bene a mamma o papà? A scuola vuoi andare? Cosa vuoi da mangiare? Sono le domande con cui gli educatori in genere si rapportano ai loro pargoli. Sperando che, diventati più grandi, a scuola, università, in strada, incontrino chi, prima di porgli domande, preveda in qualche modo probabili risposte. Adulte, sensate. Responsabi­li. L’emergenza sanitaria ci ha posti tutti, grandi e piccoli, dinanzi a dubbi, costretti a obbedire alle chiusure, chissà per quanto ne pagheremo lo scotto. Perché la solitudine, l’assenza di socialità tolgono il fiato, lo sguardo, privano le persone, di ciò per cui siamo fatti: l’incontro. Ecco perché la domanda rivolta da chi è responsabi­le di una grande famiglia, come può esserlo una regione, alle famiglie pugliesi, se mandare o meno i propri figli a scuola a piacimento e a seconda di ciò che si avverte come pericolo, è una domanda che, come il virus, ci lascia senza parole. Come chiedere a un bambino: preferisci stare a casa con mamma e papà o andare a scuola? Tornare per un po’ adolescent­i e porci la domanda se scegliere di andare a scuola o seguire le spiegazion­i frontali, standosene con le gambe sotto le coperte, cuffiette negli orecchi, e il volto spiaccicat­o davanti a uno schermo, esperienza interminab­ile e che dura da ben 11 mesi, a cui abbiamo dato anche un nome: Dad (Didattica a distanza), cosa sceglierem­mo? In Puglia, quindi, unico caso italiano, si è scelto di non scegliere. E si è messi in grado le famiglie di non scegliere. Le famiglie hanno avuto paura. Perché gli si è fatta paura, dicendo loro che le scuole erano dei lazzaretti. Figurarsi, se lo dice il papà della regione e insieme a lui uno scienziato, perché non crederci? E le famiglie, da mesi, hanno deciso se andare o meno al supermerca­to-scuola: se comprare il prodotto o farselo portare direttamen­te a casa (Dad) o scegliere, à la carte, per la Did (Didattica integrata digitale). Eppure si sa che l’unica domanda ancora senza risposte è: come mai, dal giugno 2020, in piena emergenza sanitaria, i presidi avevano mandato i numeri dei pargoli pendolari, e a settembre la regione non ha provveduto? E perché, ancora oggi, dopo 6 mesi (siamo già al secondo quadrimest­re), la regione Puglia è da bocciare? Alle bambine, ai bambini, agli adolescent­i pugliesi gli si sta sottraendo un diritto costituzio­nale. Intanto, una risposta l’abbiamo. Arriva dall’alto. È il nuovo ministro alla Pubblica istruzione, nel cui curriculum leggiamo «professore ordinario di Politica economica», per darci i numeri. In tempi in cui noi, «capitale umano» della scuola, non ci riconoscia­mo più donne, uomini, bambini e adolescent­i. Persone, di cui i più grandi pedagogist­i hanno fatto scuola, dalla Montessori a Manzi, passando da Milani fino a chi oggi insiste sull’erotismo della scuola, ma non ne riconoscia­mo i segni. Dei baci, delle carezze. Della cura.

giancarlov­isitilli@gmail.com #lavagne

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