Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Tornano a splendere gli «Amanti» del MarTa
Oggi non imbarazzano più. Ma provate a immaginare il disagio di un archeologo dell’Ottocento di fronte al rinvenimento di affreschi e sculture «oscene» o di altre raffigurazioni a sfondo sessuale. È di ieri la notizia del ritrovamento a Pompei di un carro da parata rivestito da decorazioni a tema erotico. E sempre ieri il Museo archeologico di Taranto ha annunciato il recupero di una statuetta, anche questa ad argomento esplicitamente erotico, scoperta quasi un secolo e mezzo fa da Luigi Viola, l’archeologo salentino che nel 1880 diede il via agli scavi nell’attuale borgo di Taranto su impulso dell’allora direttore generale dell’Antichità, Giuseppe Fiorelli, atto propedeutico all’istituzione del museo archeologico nell’ex convento dei Frati Alcantarini.
Chissà quale sarà stata la sua reazione di fronte alla raffigurazione di questa coppia di amanti intenta a darsi piacere con una esplosiva carnalità. La statuetta in terracotta, probabilmente risalente al primo secolo a.C., è stata recentemente sottoposta ad un accurato restauro, e ora si appresta ad essere esibita agli sguardi del pubblico del MarTa che, tra l’altro, ha appena riaperto le porte dopo la chiusura forzata dei mesi scorsi.
Ce n’è voluto di tempo. Ma adesso le imprese dei due «Amanti» (così si è scelto di chiamare questo rarissimo reperto) - imprese fissate da un anonimo artista di oltre duemila anni fa utilizzando diversi colori - saranno finalmente di dominio pubblico dopo essere state a lungo sottoposte a involontaria censura. La statuetta giaceva, infatti, nei depositi del Museo di Taranto dal 10 aprile 1884, come testimoniano i documenti che ne attestano l’acquisizione dopo il ritrovamento nell’area di Santa Lucia, dove oggi sorge parte dell’Arsenale Militare, la cui costruzione era iniziata proprio in quegli anni.
«Questo reperto è, infatti, un importante documento storico anche per la storia ottocentesca di Taranto», spiega la direttrice del museo, Eva degl’Innocenti. La quale non esclude che il manufatto, raffigurante una «scena propiziatoria», possa anche aver avuto una «valenza funeraria». D’altro canto, nel luogo del ritrovamento un tempo sorgeva la necropoli greca e romana.