Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

MENO MALE CHE C’È IL DEBATE, LA DISCIPLINA CHE INSEGNA L’ASCOLTO E LO SPIRITO CRITICO

- di Giancarlo Visitilli

Come sarebbe bello, se alla fine della scuola superiore, gli studenti, all’esame di Maturità (appunto, maturità!) potessero disquisire su come e quanto la scuola li ha sollecitat­i al senso critico. Bello sentirsi dire: «prof Visitilli, secondo me, la poetica di Pirandello…». In quel «secondo me» ci sarebbe tutta l’opera di un docente. Quanto più insegniamo a fare senza di noi, tanto più potremo dirci educatori validi, avendo insegnato il senso della maturità. E quando tutto ciò non avviene nei luoghi utili, è indispensa­bile che anche la scuola si adoperi, al modo di come raccontano i campioni d’Italia delle Olimpiadi di «debate», i Leoncini, squadra dell’Iiss Pietro Sette di Santeramo in Colle. Un torneo iniziato a ottobre, con 76 squadre di 16 regioni, oltre 300 debaters, più di 100 giudici di tutta Italia. «Il debate – racconta Daniele Giove, secondo il leader di Elio e le Storie Tese «il Cristiano Ronaldo dei debaters italiani» - è la più grande opportunit­à che possa essere offerta a noi ragazzi. Per noi che vogliamo cambiare quello che non ci piace, il debate è strumento di emancipazi­one, perché ci permette di capire il mondo, ed è soltanto capendolo che possiamo cambiarlo». Perché il debate educa all’ascolto: «significa dare voce alle nostre idee, imparando a esprimerle e ad ascoltare quelle altrui». Educarsi all’importanza del confronto: «in una società in cui tutti parlano senza dire niente, in cui si è perso il valore dell’ascolto, il debate insegna il senso delle parole». Dette e taciute, ripensate. Ne sono convinti anche il preside dello stesso istituto, Giovanni Mariani, e i due insegnanti promotori e formatori, Massimo Leone e Mariella Latorre, che hanno preparato una squadra formata da Carlo Lella, Martina Mallardi, Manuela Sacino, Dalila Leone, Alessandro Sirressi e poi Vito Gesia, che insieme al professor Leone è stato coaching. Anche Suamy Guerra sostiene che «se a scuola si dibattesse, per davvero, non ci sarebbe distinzion­e tra scuola e debate: a interagire con saggi e ricerche e confrontar­e sondaggi e studi non me l’ha insegnato la scuola, ma il debate. A lavorare in gruppo, intorno a un tavolo, alunni e professori, che non sono altro che primus inter pares non me l’ha insegnato la scuola, ma il debate. A stimolare la mia mente, a rimettere sempre in discussion­e le mie idee e i miei preconcett­i portandomi a formare una mentalità davvero mia non è stata la scuola, ma il debate. Perché si tratta di un viaggio dentro se stessi». Per Francesca Castellane­ta: «Il debate è un’esperienza che tutti gli studenti dovrebbero fare per la possibilit­à di interessar­si all’attualità e soprattutt­o al futuro». Se, soprattutt­o chi insegna, intendesse anche il debate come la scuola del futuro, non avremmo più insegnanti che pensano sia «una perdita di tempo» andare a teatro, guardare un film o visitare un museo. Perché le uniche ore veramente da perdere sono quelle frontali, obsolete e inutili. Che la Dad e la Did hanno maggiormen­te acuito come problema. Perché abbiamo bisogno di dircele le cose. Di dibattere, per davvero.

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