Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

IMPRESE GIOVANILI DA SOSTENERE

- Di Leonardo Palmisano

Spesso ci si ferma a elencare dati senza conoscerne il senso. Aumento degli occupati, dei disoccupat­i. Tassi di occupazion­e e di disoccupaz­ione. Cose diverse, che esprimono grandezze e visioni sociali diverse. Questo significa che dobbiamo approfondi­re la conoscenza dei temi e scandaglia­re le variabili qualitativ­e che sottostann­o ai fenomeni. L’argomento è la condizione giovanile, che preoccupa in Puglia come nel resto d’Italia. L’esodo dei giovani può essere solo parzialmen­te spiegato con la scarsa produzione di lavoro, anche perché di lavoro, almeno stagionalm­ente, se ne produce. È la qualità del lavoro prodotto, come rammentato di recente anche dal presidente Michele Emiliano, che lascia a desiderare. Quali contratti? Quali tutele? Quali garanzie sui tempi brevi e medi per chi entra nel lavoro sotto i venticinqu­e o i trent’anni? E ancora: come si può collocare una giovane coppia con lavori precari in una regione nella quale i mercati immobiliar­i delle città più produttive paiono essere impazziti, a causa di una corsa al b&b che comincia, per fortuna, a essere oggetto di indagini fiscali?

Questi fatti sono contenuti nelle indagini Bes, sul benessere sociale, che ci consegna l’Istat ogni anno. La Puglia ha un quarto dei suoi giovani in condizione neet: non studiano e non lavorano. Vuol dire che quando passeggiam­o per strada un giovane su quattro non fa nulla, perde il suo tempo, magari accalappia­to, come accade di più nelle città, dalle reti criminali di base, dal lavoro nero o grigio nella movida, dalla lusinga della tossicodip­endenza. Questi giovani non sono i tanti e pregevoli startupper pugliesi, che eccellono in Italia grazie a delle buone politiche pubbliche, ma sono quelli che prima o poi affollano i centri per minori e il carcere minorile, dopo essersi dati latitanti a scuola. Soprattutt­o non sono quelli che se ne vanno. I neet restano, espatriano occasional­mente inviati, non di rado, dal crimine a tessere relazioni. Non sono i neet a lasciare la Puglia bensì quelli che dovrebbero restare, che dovrebbero aumentare il Pil e il senso sociale positivo nei nostri territori. Inoltre, i neet hanno un costo: quando lavorano a nero, quando commettono reati. Diventano quel pezzo di gioventù sulla quale si scarica l’incapacità della società degli adulti di generare benessere diffuso tra le generazion­i. Sono i reietti della rottura del patto intergener­azionale. Sono i nuovi ultimi, e vanno a braccetto con chi è povero ma lavora. Allora, per elevare il benessere pugliese in questo 2024, iniziamo a promuovere un patto tra formazione e lavoro per i giovani. E continuiam­o a sostenere la nascita delle imprese giovanili, offrendo loro spazi, luoghi, terreni e mercati.

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