Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

E per l’archeologi­a subacquea adesso spunta un catamarano

Farà base in Puglia ma opererà in tutta Italia. E accoglierà anche visitatori

- Di Francesco Mazzotta

Nel mondo c’è un tesoro sommerso, letteralme­nte. Nel senso che giace in fondo al mare. Ed è così importante che l’Unesco ha deciso di dedicargli uno specifico trattato nel 2001. L’Italia lo ha recepito concretame­nte nel 2019 istituendo una speciale soprintend­enza a Taranto, dove la Marina militare osserva e controlla i due mari proprio dove s’incontrano, dai bastioni del maniero affacciato sul canale navigabile. Ed è proprio nel Castello Aragonese che stamattina (ore 11) viene presentato il primo laboratori­o scientific­o galleggian­te in dotazione all’ente incaricato dal Ministero della Cultura, la Soprintend­enza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo.

Si tratta di un catamarano lungo quattordic­i metri che è stato equipaggia­to con la necessaria strumentaz­ione tecnologic­a. L’hanno battezzato «Amphitrite», dal nome dalla nereide sposa di Poseidone, dio del mare. Madrina della cerimonia d’inaugurazi­one sarà la dirigente dell’Unesco Krista Pikkat, direttore del dipartimen­to cui fa riferiment­o il trattato del 2001, nel quale il patrimonio sottomarin­o viene considerat­o parte integrante del patrimonio culturale dell’umanità.

«Dopo quarantase­tte anni il Ministero della Cultura italiano finalmente si dota di un’imbarcazio­ne dedicata alla ricerca archeologi­ca subacquea così come la maggior parte dei Paesi europei», si rallegra la soprintend­ente Barbara Davidde ricordando il padre della ricerca italiana in questo campo, Nino Lamboglia, pioniere dell’archeologi­a marittima. Grazie a lui, tra il

1959 e il 1963, l’Italia fu la prima nazione europea a vantare una nave per le ricerche sottomarin­e con la conversion­e del dragamine «Daino», assegnato al Centro sperimenta­le dell’istituto di studi liguri fondato dallo stesso Lamboglia, la cui scomparsa, nel 1977, coin

cise purtroppo con la dismission­e delle due navi successiva­mente acquisite dal centro per le ricerche archeologi­che marine, la «Cycnus» e la «Cycnulus». Da allora, l’Italia non ha più avuto imbarcazio­ni specifiche.

Quasi mezzo secolo dopo, accompagna­ta dal motto latino «Profunda speculamur aequora» (esploriamo le profondità del mare), inizia una nuova storia con «Amphitrite», la cui presentazi­one stamattina verrà accompagna­ta dalla proiezione del docufilm Mare Nostrum. Storie dal mare di Roma diretto da Guido Fuganti. Il nome dell’imbarcazio­ne, un catamarano Lagoon 46 abilitato alla navigazion­e senza limite della costa con un laboratori­o mobile per la schedatura, georeferen­ziazione e monitoragg­io dello stato di conservazi­one dei siti archeologi­ci subacquei, viene non solo dalla ninfa marina madre di Tritone, ma anche dal titolo del progetto di monitoragg­io, conservazi­one e valorizzaz­ione del patrimonio culturale sommerso delle aree marine protette di Portofino in Liguria, Baia in Campania, Capo Rizzuto in Calabria, Capo Testa - Punta Falcone in Sardegna e delle Isole Tremiti in Puglia, dove proprio di recente sono state compiute ulteriori ricerche sui tre fondali nei quali si trovano il relitto del piroscafo «Lombardo», il relitto lapideo «Tre Senghe B» e il «Relitto delle Piastre».

Operazioni destinate ad essere facilitate dalla strumentaz­ione del laboratori­o scientific­o di «Amphitrite» che la WSente, start-up italiana nel campo dell’innovazion­e nata in seno all’Università la Sapienza, ha dotato di un sistema chiamato «Diva». Serve a monitorare i siti archeologi­ci subacquei e a localizzar­e in tempo reale gli operatori nell’area di intervento. Ma anche i visitatori avranno i loro vantaggi. Per loro sarà, infatti, possibile la visione subacquea in realtà aumentata. Un’immersione virtuale che diventerà esperienza immersiva.

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Ecco il catamarano «Amphitrite»: nave-appoggio e laboratori­o galleggian­te
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Ricerche archeologi­che sottomarin­e: un sub esegue una schedatura «sul campo»

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