Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
E per l’archeologia subacquea adesso spunta un catamarano
Farà base in Puglia ma opererà in tutta Italia. E accoglierà anche visitatori
Nel mondo c’è un tesoro sommerso, letteralmente. Nel senso che giace in fondo al mare. Ed è così importante che l’Unesco ha deciso di dedicargli uno specifico trattato nel 2001. L’Italia lo ha recepito concretamente nel 2019 istituendo una speciale soprintendenza a Taranto, dove la Marina militare osserva e controlla i due mari proprio dove s’incontrano, dai bastioni del maniero affacciato sul canale navigabile. Ed è proprio nel Castello Aragonese che stamattina (ore 11) viene presentato il primo laboratorio scientifico galleggiante in dotazione all’ente incaricato dal Ministero della Cultura, la Soprintendenza nazionale per il patrimonio culturale subacqueo.
Si tratta di un catamarano lungo quattordici metri che è stato equipaggiato con la necessaria strumentazione tecnologica. L’hanno battezzato «Amphitrite», dal nome dalla nereide sposa di Poseidone, dio del mare. Madrina della cerimonia d’inaugurazione sarà la dirigente dell’Unesco Krista Pikkat, direttore del dipartimento cui fa riferimento il trattato del 2001, nel quale il patrimonio sottomarino viene considerato parte integrante del patrimonio culturale dell’umanità.
«Dopo quarantasette anni il Ministero della Cultura italiano finalmente si dota di un’imbarcazione dedicata alla ricerca archeologica subacquea così come la maggior parte dei Paesi europei», si rallegra la soprintendente Barbara Davidde ricordando il padre della ricerca italiana in questo campo, Nino Lamboglia, pioniere dell’archeologia marittima. Grazie a lui, tra il
1959 e il 1963, l’Italia fu la prima nazione europea a vantare una nave per le ricerche sottomarine con la conversione del dragamine «Daino», assegnato al Centro sperimentale dell’istituto di studi liguri fondato dallo stesso Lamboglia, la cui scomparsa, nel 1977, coin
cise purtroppo con la dismissione delle due navi successivamente acquisite dal centro per le ricerche archeologiche marine, la «Cycnus» e la «Cycnulus». Da allora, l’Italia non ha più avuto imbarcazioni specifiche.
Quasi mezzo secolo dopo, accompagnata dal motto latino «Profunda speculamur aequora» (esploriamo le profondità del mare), inizia una nuova storia con «Amphitrite», la cui presentazione stamattina verrà accompagnata dalla proiezione del docufilm Mare Nostrum. Storie dal mare di Roma diretto da Guido Fuganti. Il nome dell’imbarcazione, un catamarano Lagoon 46 abilitato alla navigazione senza limite della costa con un laboratorio mobile per la schedatura, georeferenziazione e monitoraggio dello stato di conservazione dei siti archeologici subacquei, viene non solo dalla ninfa marina madre di Tritone, ma anche dal titolo del progetto di monitoraggio, conservazione e valorizzazione del patrimonio culturale sommerso delle aree marine protette di Portofino in Liguria, Baia in Campania, Capo Rizzuto in Calabria, Capo Testa - Punta Falcone in Sardegna e delle Isole Tremiti in Puglia, dove proprio di recente sono state compiute ulteriori ricerche sui tre fondali nei quali si trovano il relitto del piroscafo «Lombardo», il relitto lapideo «Tre Senghe B» e il «Relitto delle Piastre».
Operazioni destinate ad essere facilitate dalla strumentazione del laboratorio scientifico di «Amphitrite» che la WSente, start-up italiana nel campo dell’innovazione nata in seno all’Università la Sapienza, ha dotato di un sistema chiamato «Diva». Serve a monitorare i siti archeologici subacquei e a localizzare in tempo reale gli operatori nell’area di intervento. Ma anche i visitatori avranno i loro vantaggi. Per loro sarà, infatti, possibile la visione subacquea in realtà aumentata. Un’immersione virtuale che diventerà esperienza immersiva.