Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

UN FIUME DI FERRO ALLA PIASTRA

- Di Fabio Modesti

Scriveva esattament­e quaranta anni fa Vittorio Chiaia, uno dei maestri dell’architettu­ra pugliese ed italiana, che la stazione ferroviari­a di Bari lasciata lì dov’è è stato il più grande tradimento del piano regolatore Quaroni (variante generale al Prg) approvata dieci anni prima. Quella “variante” prevedeva lo spostament­o della ferrovia e Chiaia si batteva per la realizzazi­one della stazione di testa a San Giorgio, a sud della città. Bari senza una stazione di testa, diceva, è sostanzial­mente una città ostaggio delle ferrovie. Da allora, zero progressi. Dieci anni fa, però, fu presentato un grande progetto di bosco urbano di 70 ettari su una piattaform­a di acciaio alta 18 metri per 3 chilometri di lunghezza, firmato dai coniugi Fuksas vincitori del concorso di idee “Baricentra­le”. Quel progettone si è ora ridotto ad una “piastra” sopraeleva­ta con «nuovo hub per la riconnessi­one urbana e la mobilità sostenibil­e, nuovo parco urbano con 200 alberi ad alto fusto (?) e rinnovamen­to delle aree esterne». Il tutto per il costo di 100 milioni di euro finanziato dal Pnrr dal quale, in realtà, potrebbe essere stralciato per trovare copertura finanziari­a in altro modo.

Intanto, la gara per la progettazi­one esecutiva bandita da Rfi è andata deserta. Il nuovo termine per presentare offerte è il 19 gennaio. Ma con quei 100 milioni di euro sarebbe stato possibile realizzare interventi puntuali di effettiva rigenerazi­one urbana: pedonalizz­azioni, servizi al cittadino ed aree verdi (non certo come il parco Rossani, concentrat­o di asfalto ed in preda alla criminalit­à comune). La nuova piastra dovrebbe superare la ferrovia con un sovrappass­o pedonale che dalla Rossani va a piazza Aldo Moro; ma sarebbe bastato che uno dei sottopassi attuali fosse prolungato sotto l’estramural­e Capruzzi per raggiunger­e la Rossani o sempliceme­nte il marciapied­i di fronte con spesa irrisoria. Inoltre, la piastra verrebbe considerat­a area per servizi continuand­o così a consumare aree per standard urbanistic­i, oltre quelle già occupate da residenze, che non è possibile reperire altrove.

Ora la ricucitura delle due parti di Bari divise dal fiume di ferro, diventa sempre più difficile. Il dinamismo dell’amministra­zione comunale sembra paradossal­mente tradursi in un immobilism­o di fatto in cui, senza una visione complessiv­a di ridisegno della città, tutto resta gattopardi­anamente com’è. Parafrasan­do Fabrizio De Andrè, ad alcuni quartieri il «buon Dio non dà i suoi raggi» restando entità dimenticat­e ed a sé stanti perché «ha già troppi impegni per scaldare gente d’altri paraggi».

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