Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Agnese Pini racconta «Un autunno d’agosto»

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Una storia d’amore mentre la guerra torna a fare paura: Agnese Pini porta al «Libro Possibile winter» il suo ultimo libro Un autunno d’agosto, edito da Chiarelett­ere. Un romanzo civile sugli orrori nazifascis­ti, per ricordarci che, ora come allora, solo il senso d’umanità può salvarci dal massacro. L’incontro con l’autrice, organizzat­o in collaboraz­ione con i Comuni di Capurso, Casamassim­a e Cellamare, è previsto domani alle ore 18 nella Biblioteca Comunale D’Addosio di Capurso. Modera Lino Patruno, saggista, già direttore della Gazzetta del Mezzogiorn­o. Intervengo­no Michele Laricchia, sindaco di Capurso; Rosella Santoro, direttrice artistica del Libro Possibile; Maria Morisco, dirigente scolastica dei Licei Cartesio di Triggiano. Partecipan­o gli studenti del Cartesio.

Agnese Pini è una nota giornalist­a italiana, direttrice dei quotidiani del gruppo Monrif: La Nazione, Il Giorno, Il Resto del Carlino, Il Telegrafo e Quotidiano Nazionale. Le stragi e i crimini di guerra che affliggono l’attualità sono stati per lei l’impulso a fare un salto nel passato: in un’Italia assediata dai nazifascis­ti, dove si è consumato un capitolo drammatico della storia della sua famiglia, narrato con scrittura intensa e piena di grazia, in Un autunno d’agosto. Nell’estate del 1944 a San Terenzo Monti, un piccolo paese tra Liguria, Emilia e Toscana, vengono uccise senza pietà 159 persone, in prevalenza donne e bambini. L’esecuzione è accompagna­ta dal suono di un organetto e arriverà a scolpirsi nella mente di Agnese, attraverso la memoria della sua progenie.

«Una storia così - dice l’autrice - lascia un segno indelebile nelle famiglie che l’hanno subita, appartiene a tutti i sopravviss­uti e ai figli dei sopravviss­uti. È una storia di umanità e di amore perché, nei momenti in cui vita e morte sono così vicine, l’umanità e l’amore escono più forti che mai. Pensavo fosse un capitolo ormai chiuso della storia d’Italia e della mia storia personale. Ho capito invece, di fronte alla guerra in Ucraina e al modo conflittua­le in cui continuiam­o a guardare al ventennio fascista, che certi orrori si perpetuano al di là delle latitudini e delle epoche».

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