Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

QUANDO IL POTERE VUOLE RIPRODURSI

- Di Silvio Suppa

L’attuale fase politica, pur molto confusa, ha un indirizzo leggibile. I partiti ora guardano quasi solo al voto – Europa e qualche Regione – e nel blocco governativ­o cresce una corsa al potere che altera la nostra democrazia, in chiave di dominio della maggioranz­a. A destra e anche a sinistra non si vedono programmi che segnino la distanza almeno ideale fra le due maggiori forze del Paese; e così si spiegano le tensioni interne all’esecutivo. È il caso della Sardegna, dove per pesare di più a Palazzo Chigi, la Lega propone un candidato quasi personale, come se il mito padano giovi all’Italia sud-insulare o all’Appennino meridional­e. Che disegno è questo, se non l’acquisizio­ne di più potere possibile nei territori e a Roma? C’è una proposta per la Sardegna? Non se ne parla nemmeno. E intanto, pure nelle Regioni del Sud, più di un presidente punta al terzo mandato, ovvero a una forma di potere personale, votato sì, ma della durata di quindici anni. C’è un progetto? Non molto di più che spendere il danaro europeo acciuffato dal ministro Fitto. Così si punta a rafforzare il potere di chi già lo esercita, nemmeno con l’onere di un confronto sui pro e sui contro; ovvero, facile continuità del potere per legge, camuffato da efficienza, termine che fin dall’antica Atene era ostativo per la democrazia.

E se il potere punta a riprodursi da solo, senza spiegazion­i, su altro versante, ancora la Lega preme per l’autonomia regionale differenzi­ata. Questa rincorsa anticostit­uzionale, nelle Regioni più povere, al Sud, crea l’illusione del governator­ato, anello di un federalism­o autentico, in cui il ricco Nord comincereb­be – come è regola nei Paesi federali – a sostenere l’urgenza di un presidenzi­alismo ordinatore. Ed ecco chiuso il cerchio del decisionis­mo perfetto, dallo Stato ai vassalli delle Regioni, con la morte della democrazia parlamenta­re. E mentre tanto fermento resta lontano dall’ansia di uno sviluppo nazionale, e lusinga una destra che ferisca l’Europa, anche a Bari domina la confusione. Dove si assiste a un potere che vorrebbe decidere da solo in capo a chi riprodursi, e nell’assenza di un vero dibattito fra partiti e aspiranti, tutto si trasforma in un’alchimia che nessuno spiega. E nessuno capisce le ragioni per cui il forte Pd locale, invece di guadagnare alleanze in nuovi ceti, le rifugga, e insista nel considerar­e il rinnovo delle cariche pubbliche affare proprio di chi già detiene il potere. Ma, a parte le contraddiz­ioni nella destra, il Pd capisce che a Bari si gioca un intero potenziale riformista su scala regionale?

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