Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Marilia Tantillo: «Capocollo di Martina, quel disciplinare non offre garanzie»
Il capocollo di Martina Franca mira ad ottenere il marchio Igp (Indicazione geografica protetta). L’istanza, avanzata dall’associazione «Capocollo di Martina Franca», è al vaglio del ministero delle Politiche agricole. Al riguardo, la già docente universitaria Marilia Tantillo, esperta di sicurezza degli alimenti all’Università di Bari, ha fatto pervenire al ministero alcune opposizioni.
Professoressa, qual è la ratio della sua contestazione?
«In primis, chiarisco che sono a favore del riconoscimento del capocollo di Martina Franca, come di tanti altri prodotti tradizionali pugliesi. Tuttavia, un disciplinare di produzione di un prodotto deve tutelarne gli standard qualitativi, ovvero la qualità igienico/sanitaria e i metodi di produzione, oltre che fornire chiare informazioni sulle caratteristiche che conferiscono il valore aggiunto al prodotto certificato. A mio avviso, il disciplinare per il capocollo di Martina Franca presentato al ministero non offre alcun valore aggiunto e non prevede nessun controllo a suffragio della qualità».
Si spieghi meglio.
«Solitamente nel disciplinare vengono inseriti parametri chimico/fisici che devono essere costantemente controllati affinché il prodotto Igp abbia sempre la stessa qualità. In questo caso, l’unico parametro oggettivo che il disciplinare prevede di accertare, ahimè, è la posizione territoriale dell’azienda che dev’essere situata nelle città di Martina Franca, Locorotondo e Cisternino e a non meno di 350 metri sul livello del mare. Un disciplinare che si rispetti deve avere parametri imprescindibili: umidità e temperatura nelle varie fasi della stagionatura, assenza di additivi come i solfiti, controllo igienico del prodotto, assenza di sostanze tossiche».
Quanto incide nella produzione del Capocollo la posizione sul livello del mare delle zone di produzione?
«Il disciplinare inviato al ministero prevede la fermentazione e la stagionatura del capocollo in aree agricole (trulli, cantine). Quando ho provato a spiegare che la normativa europea non consente la produzione/trasformazione di qualsiasi alimento in ambienti che non rispettano il regolamento Ue 852/04, mi hanno risposto che i trulli, i casolari, le cantine, riceveranno sicuramente i necessari permessi dalle rispettive Asl».
Perché il disciplinare prevede che la produzione sia realizzata soltanto in tre città della Valle d‘Itria ?
«Questo è il punto più controverso: in Puglia accade che le associazioni proponenti una Dop o una Igp scelgano i propri associati e ne escludano altri per gestire il mercato da soli. Il rischio è che non raggiungano la cosiddetta “massa critica” per aggredire il mercato globale. E tutto si ferma».