Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
De Castris sfida i politici «Gli eletti non immuni dai controlli dei giudici»
L’insediamento del procuratore generale
BARI «Sono contento di ritrovare tante persone conosciute nelle mie precedenti esperienze a Bari. Con molti di loro abbiamo giocato a pallone, a volte anche fatto a botte. Ma erano gli anni ’80, e si usava così». È cominciato con una battuta, per poi proseguire con grande serietà, il primo giorno di Leonardo Leone De Castris come nuovo procuratore generale di Bari.
Ieri, nell’aula magna della Corte d’Appello il 64enne ormai ex procuratore di Lecce, e prima ancora di Foggia e Rossano Calabro, ha preso funzione tornando nella sua città natale - in cui ha anche studiato - a distanza di anni. «Mi mancherà l’adrenalina delle indagini, ma mi fa piacere avere più tempo per studiare e per approfondire nuove funzioni di coordinamento, tra cui quella per il passaggio degli uffici giudiziari nel nuovo Parco della Giustizia», ha aggiunto. A dare il «bentornato» a De Castris c’erano in tanti, dal presidente della Corte d’Appello Franco Cassano («siamo finalmente pienamente soddisfatti di una decisione presa dal Csm») al viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto («ne ho sempre apprezzato la sobrietà e il basso profilo, conosce bene il territorio a farà della Procura generale un luogo di tutela dei cittadini»), oltre al procuratore generale di Lecce Antonio Maruccia («Bari fa un acquisto straordinario, a Lecce ne abbiamo apprezzato lo stile e il rispetto della dignità di tutti, da colleghi e avvocati agli imputati»).
Ma De Castris, emozione e battute a parte, non si è limitato a un discorso puramente cerimoniale, concentrandosi soprattutto sui rapporti tra magistratura e politica e sul ruolo dei giudici. «Tra le difficoltà maggiori che sta attraversando la magistratura c’è anche un susseguirsi di riforme, sbandierate e poi revocate, che creano grande confusione e rischiano di demoralizzare i colleghi, soprattutto i giovani. Né aiuta la rincorsa all’efficienza aziendalistica nel lavoro della magistratura, perché gli uffici giudiziari non sono aziende. Alla giurisdizione serve anche riflessione, non solo la ricerca di un risultato».
Poi, oltre a un’altra stoccata alla politica («Chi è stato eletto non è affrancato dal controllo dell’autorità giudiziaria»), De Castris ne ha riservata una anche nei confronti di alcuni suoi colleghi: «Siamo vincitori di un concorso, non abbiamo un mandato di rappresentanza e siamo soggetti solo alla legge. Chi fa questo mestiere deve accettare di rinunciare ad alcune cose, tra cui la ricerca di consenso e visibilità. Bisogna rinunciare, ad esempio, a scrivere insulti sui social nei confronti dei leader che non ci piacciono».
Sui colleghi Chi fa questo mestiere accetti di rinunciare alla visibilità