Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Selvaggi in lacrime «Mi volle a Cagliari E s’impuntò perché non finissi alla Juve»

- Guido Tortorelli

«Una persona che ha cambiato la mia vita e a cui voglio bene come un fratello». Non trattiene l’emozione Franco Selvaggi, ex calciatore di numerosi club italiani e campione del mondo con gli azzurri in Spagna nel 1982, ancora scosso dalla scomparsa di Gigi Riva, leggenda del calcio, spentosi lunedì sera nel reparto di Cardiologi­a dell’ospedale San Michele di Cagliari.

In questi anni, il materano non ha nascosto l’ammirazion­e verso «Rombo di Tuono», soprannome che il noto giornalist­a sportivo Gianni Brera attribuì a Riva per la sua potenza calcistica, dopo una brillante prestazion­e a San Siro, il 25 ottobre del 1970, dove, con la maglia del Cagliari cui ha sempre militato, fu autore di due gol decisivi segnati contro l’Inter. «Ho avuto la fortuna di vederlo da vicino, è stato il più grande bomber della storia del calcio. Macchina da gol, una potenza incredibil­e. Brera ci aveva preso perfettame­nte con quel soprannome».

Un rapporto speciale quello instaurato tra Selvaggi e Riva, tanto da condiziona­re in maniera determinan­te la carriera della punta della Città dei Sassi: «Gigi stravedeva per me. Lui era dirigente del Cagliari quando io ero a Taranto in serie B. Mi fece acquistare dai rossoblu nell’estate del 1979. Mi volle a tutti i costi. Ricordo che mi disse: “Devi fare il centravant­i, hai le caratteris­tiche ideali”. Ero al settimo cielo, onorato del suo interesse». Tre le stagioni vissute insieme in Sardegna (1979-1981) che hanno rappresent­ato un’esperienza felice per Selvaggi: «Le sue parole furono uno stimolo incredibil­e e io mi impegnai come un matto anche per non deluderlo. Ricordo la preziosa salvezza dell’ultimo anno, in cui retrocesse il

Mi ha trattato come un figlio, dicendomi che avrebbe voluto giocare con me. Un pensiero che mi farà sempre battere il cuore per lui

Milan di Baresi, Collovati e tanti altri. Dopo il match, io e mia moglie cenammo con Gigi in un ristorante. Una serata splendida che chiuse in bellezza il rapporto con il Cagliari».

Numerosi gli aneddoti che fanno ancora brillare gli occhi e vibrare la voce all’ex calciatore lucano: «Una volta Gigi mi ha rivelato che, durante un’assemblea dei soci del club sardo, disse: “Se non mi acquistate Selvaggi, io rassegno le dimissioni”. Quando il tuo idolo dice una cosa del genere, come fai a non impazzire di gioia. Era un esempio ed è stato un punto di riferiment­o. Gli devo molto, praticamen­te tutto».

Un legame profondo che, però, presenta anche un piccolo “rammarico” per Selvaggi: «Fu Gigi, nell’estate del 1980, che si impuntò per trattenerm­i a Cagliari e a non volermi cedere alla Juventus. Era la squadra dei sogni perché c’erano tutti i più grandi campioni. Chissà quanti scudetti avrei potuto vincere con i bianconeri. Acqua passata, i miei scudetti sono stati altri».

Selvaggi è stato a tutti gli effetti «il figlioccio» del capocannon­iere della Nazionale e protagonis­ta indiscusso dello storico tricolore del Cagliari del 1970. «Abbiamo avuto un’amicizia bellissima che è andata oltre il campo. Non dimentiche­rò mai quel pomeriggio tra i vicoli di Cagliari, in cui mi raccontò la sua vita. È una conversazi­one riservata che custodirò gelosament­e». Tanti anche i momenti in famiglia: «Poco tempo fa, andai a casa sua a Cagliari, con suo figlio Nicola. Abbiamo parlato per oltre quattro ore, ma lui non voleva che andassi via, mi chiedeva di restare ancora. Aveva stima di me come atleta e persona. Questa sua consideraz­ione è una delle mie vittorie più belle». Proprio in quell’occasione, arrivò il regalo più bello. «Gigi mi confidò che gli sarebbe piaciuto giocare con me. Un pensiero che mi farà sempre battere il cuore».

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