Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Aqp, Regione in affanno sui Comuni È corsa per cedere il 20% delle quote
Riforma da approvare entro febbraio. Servirà all’Aip per assegnare in house il servizio idrico
Fare in fretta (entro febbraio) per chiudere una partita rischiosa. Anche perché prima si approva la legge e prima si potranno comprendere le intenzioni del governo. Il caso è quello dell’Acquedotto Pugliese, la più grande stazione appaltante della regione (in passato definita «la società che da più da mangiare che da bere») la cui proroga per l’assegnazione del servizio idrico integrato ovvero la licenza da monopolista della distribuzione dell’acqua a tutti i comuni pugliesi e alcuni campani - scadrà a fine 2025. Significa che senza un intervento normativo della Regione (che ha il 100% delle quote di Aqp) il servizio deve essere messo a bando. O meglio: l’Aip, autorità idrica pugliese, che rappresenta i 257 Comuni ricompresi nel territorio dovrà comunicare la decisione sull’affidamento entro giugno 2024. Quest’ultima, se l’iniziativa della Regione dovesse andare in porto, avrà tre opzioni da valutare: procedere alla gara; fare una società mista individuando un socio privato in partnership con i Comuni; procedere con l’affidamento in house (società mista tra Aqp e Comuni).
In Regione da tempo è depositata una proposta di legge, primo firmatario Fabiano Amati (gruppo Azione), per procedere con l’ingresso dei Comuni nel capitale di Aqp attraverso la cessione gratuita delle azioni e la «costituzione di un comitato di controllo di Aqp e gestione in house del servizio idrico integrato». Il referto tecnico del Consiglio regionale ha messo in evidenza alcuni conflitti con normative di rango superiore. Quindi lo staff del governatore Michele Emiliano sta elaborando altri emendamenti da presentare in commissione (II e V) per correggere il tiro. La soluzione è: approvata la legge Aqp cede il 20% delle quote ai Comuni che provvedono a costituire una società veicolo con l’assegnazione delle azioni. La società veicolo è a tutti gli effetti in Aqp che dovrà cambiare lo statuto per poter far esercitare il cosiddetto «controllo analogo» ai Comuni (con un comitato misto Regione-amministrazioni locali). «Le modifiche? Non ci sono problemi - spiega Amati perché la priorità è assegnare l’affidamento in house del servizio idrico integrato ad Aqp. Abbiamo il dovere di salvare un nostro patrimonio». «C’è stata un’assemblea regionale dell’Anci Puglia - chiarisce Toni Matarrelli, presidente dell’Aip - e l’indicazione scaturita dai Comuni è chiara: l’affidamento in house è una soluzione su cui c’è sintesi. Ora aspettiamo che la procedura si concretizzi per poter valutare l’intero pacchetto di proposte».
La tempistica è fondamentale e avviene in ritardo (dopo ben 9 anni di gestione Emiliano): la legge dovrà essere approvata al più presto, non dopo febbraio 2024, anche perché ogni Consiglio comunale avrà l’obbligo di approvare l’ingresso in Aqp. Infine, c’è l’aspetto del governo: la legge sarà controllata dal punto di vista tecnico e potrebbe essere impugnata nell’arco di 60 giorni dalla pubblicazione sul Burp. «L’obiettivo - conclude Domenico Laforgia, presidente di Aqp - è lavorare per dare ai pugliesi un servizio in linea con le aspettative degli utenti. I risultati ottenuti negli ultimi anno sono in linea con le nostre aspettative».
Infine, dal punto di vista delle suddivisioni della quote tra i Comuni, la ripartizione potrebbe avvenire prendendo in considerazione il valore delle reti presenti rapportato alla popolazione. «Il valore nominale della singola azione - è scritto in una valutazione tecnica - è di 5,16 euro derivante dal capitale sociale dell’Aqp presente nei bilanci consolidati del gruppo e della Regione Puglia (41.385.573,6 euro) diviso per le 8.020.460 azioni indicate». Nel caso specifico il 20% del capitale ammonta a un valore di 8,2 milioni (8.277.114,72 euro) per 1,6 milioni di azioni (1.604.092 unità). Si può cedere? È bene ricordare che la proprietà dell’Acquedotto Pugliese, dopo essere intervenuta nel 1999 la trasformazione in società per azioni, era stata destinata dal governo Massimo D’alema a Enel a un prezzo di 1.300 miliardi delle vecchie lire. Cifra ritenuta irrisoria per il centrodestra. Quando poi le Politiche furono vinte da Silvio Berlusconi quest’ultimo, con Giulio Tremonti, ministro dell’economia, nel 2002 trasferì senza oneri la proprietà alle Regioni Puglia e Basilicata. A patto di effettuare la privatizzazione. Fatto mai avvenuto.
Fabiano Amati (Azione) Facciano le modifiche necessarie perché ora la priorità è salvare un nostro patrimonio economico