Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Spazio al quartetto d’archi Jerusalem
Quando si parla di musica da camera, il quartetto d’archi riveste un ruolo di prim’ordine. E la proposta dell’ente lirico stasera (ore 20.30), per la stagione concertistica al Petruzzelli di Bari, va in questa direzione con il Jerusalem Quartet, formazione composta da musicisti israeliani nati altrove. Alexander Pavlovsky e Sergei Bresler, primo e secondo violino, provengono entrambi dall’Ucraina, e dentro si portano il dolore di due guerre che sentono inevitabilmente vicine. Il violista Ori Kam è, invece, nato a La Jolla, in California, mentre il violoncellista Kyril Zlotnikov ha avuto i natali a Minsk, in Bielorussia.
A un certo punto, e in tempi diversi, hanno scelto tutti di andare a vivere in Israele. E lì è nato il Jerusalem Quartet, sulla scena internazionale dal 1996 con una crescente attività concertistica impreziosita da una serie di importanti riconoscimenti, anche in campo discografico. Nella bacheca dei quattro musicisti campeggiano un Diapason d’Or e un Bbc Music Magazine Award: premi di una certa importanza, come il programma che la formazione presenta a Bari, un excursus tra primo e secondo Ottocento con Beethoven e Smetana e metà del Novecento con Shostakovich.
L’apertura è nel nome del compositore ceco Bedrich Smetana, del quale si ascolterà il Quartetto per archi n. 1 in mi minore («Dalla mia vita»). Si tratta di una pagina autobiografica del 1880 saldamente legata alla tradizione quartettistica viennese, nella quale non mancano riferimenti al folclore musicale, in particolare nella Polka, il secondo dei quattro movimenti: un’ulteriore testimonianza della forte impronta etnica che caratterizzò la produzione di Smetana, tra i protagonisti della fioritura nell’Europa di allora delle «scuole nazionali», poi propagatesi dentro il
Novecento. E qui arriva il gancio con il brano successivo, una creazione del 1944, anche questa intrisa di elementi etnici, il Quartetto n. 2 in la maggiore op. 68 di Dmitri Shostakovich, tra i compositori moderni considerato l’ultimo e più importante continuatore della scuola nazionale russa. A chiudere, il Quartetto n. 8 in mi minore op. 59 n. 2 «Razumowsky» di Beethoven, autore molto eseguito in questo inizio di stagione (domani c’è l’ultima replica di Fidelio). Beethoven lo compose nel 1806 proiettando, come in altre opere da camera, la propria esperienza sinfonica, ma senza compromettere la natura stessa del quartetto, con lui destinato a raggiungere vertici assoluti.