Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
A Noci tanti piatti d’alta scuola in un’oasi dei sensi
Noci è una città gourmet, non soltanto per la notevole qualità delle attività di ristorazione, ma anche per la varietà dell’offerta. Si va dai monumenti gastronomici eretti non a caso nel centro storico (o nelle immediate vicinanze dell’abitato) dai paladini della tradizione, fino ad alcune interessanti aperture orientali. Senza tuttavia sottovalutare le pregevoli operazioni di ricerca di uno chef che sperimenta con passione e abilità tecnica sempre nuove soluzioni, e si diverte a misurarsi con i classici per rielaborarli e interpretarli in forma originale e con particolare attenzione per l’effetto cromatico delle presentazioni.
Stiamo parlando di Francesco Laera, che dopo il diploma all’istituto alberghiero, ha deciso di allargare i suoi orizzonti culinari attraverso importanti esperienze all’estero. Per poi rientrare nella sua Puglia, e realizzare il sogno nel cassetto di aprire un’attività autonoma proprio a Noci, a pochi chilometri dalla città natale. Lo si trova infatti in un trullo miracolosamente sopravvissuto in uno scenario di periferia residenziale, là dove un tempo dominava la campagna. E là dove ormai da diversi anni, e dopo lusinghieri riconoscimenti, gestisce il ristorante Fè, che prende il nome da Eufemia Lippolis, compagna di vita e di lavoro.
Si entra dunque nei suggestivi ambienti suddivisi in minuscole salette: tra bei tavoli, comode poltroncine, e il riposante bianco delle pareti, a tratti interrotto da civettuole nicchie in pietra. Qui gli ospiti possono iniziare un viaggio sensoriale, le cui fascinose tappe corrispondono alle creazioni artistiche di Francesco, con il valore aggiunto dalla presenza in sala della stessa Eufemia e del bravissimo Domenico Lucia. Un percorso inaugurato dalla piccola delizia del chevice di branzino con uova di aringa, e da una composta di pomodoro alla pizzaiola (da spalmare sull’ottimo pane fatto in casa) che crea dipendenza. Un attimo prima di procedere con le preparazioni iconiche di Francesco. Che si tratti de «Il Nero e il Mare», e cioè il branzino con salsa béarnaise e spuma di patate ricoperto di nero di seppia; o dei seducenti spaghetti con quattro tecniche di cottura del pomodoro e il lardo. Magari in alternativa al filetto di angus alla Wellington rivisitato con lardo, pasta sablée, funghi porcini e parmigiano. La rivisitazione, insieme alla delicata leggerezza e alla cura estetica dei piatti sembra essere una costante che viene riproposta al momento del dessert, come dimostrano le piacevoli versioni innovative della crêpe suzette e del tiramisù realizzate dallo chef. Menu degustazione da 78 e da 90 euro.