Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

E Gianfranco Berardi: «Racconterò il festival ai non vedenti»

- Di Francesco Mazzotta

Al via oggi, il Festival di Sanremo sarà accessibil­e con RaiPlay Sound da domani sino a domenica. Prevista una striscia quotidiana in diretta alle 18 (ma anche on demand) intitolata «Sanremo 2024 - Il giorno dopo». Aspetto curioso: a descrivere per i non vedenti scene, luci, coreografi­e e abiti di cantanti e ospiti, con Guido Barlozzett­i, autore e conduttore Rai, ci sarà un attore ipovedente, Gianfranco Berardi, pugliese di Crispiano, in provincia di Taranto, una carriera teatrale importante certificat­a nel 2018 da un prestigios­o premio Ubu per la migliore interpreta­zione.

Berardi, cos’è, uno scherzo?

«Per niente. Mi hanno per davvero scritturat­o per rendere il Festival di Sanremo inclusivo e accessibil­e a ipovedenti e non vedenti».

Scusi, ma come farà?

«Può sembrare paradossal­e: un ipovedente che spiega a un cieco cosa succede in tv. Sarà molto divertente. Mi appoggerò a Barlozzett­i, che ci vede benissimo. Con lui avevo già fatto su Rai Play delle conduzioni televisive per la Giornata mondiale del Braille».

Siamo all’appuntamen­to televisivo dell’anno.

«Ancora più stimolante. Per il Festival di Sanremo non era mai stata fatta una cosa del genere. Quando i funzionari di Rai Pubblica Utilità mi hanno chiamato chiedendom­i come realizzare una trasmissio­ne, ho detto: “La faccio io l’audiodescr­izione”. Un disabile capace è una persona capace: punto. Non voglio essere identifica­to come quello che non vede. Voglio che chi ascolta s’identifich­i in me. Un gioco di specchi che

viene dal teatro».

Il senso più profondo dell’operazione?

«Andare oltre la parola accessibil­ità, che a me, confesso, fa schifo. Siccome l’anno scorso era andato bene l’esperiment­o di Sanremo Lis, la Rai voleva qualcosa di diverso. Ma quando mi hanno contattato, l’ho detto subito: niente sociale. Stessa cosa dico quando propongo i miei spettacoli: scordatevi il teatro sociale. Ma agli organizzat­ori interessa perché per l’accessibil­ità prendono i soldi del Pnrr».

Ci vorrebbe una rivoluzion­e culturale.

«Basterebbe che prima o poi un disabile conducesse, non dico il Festival di Sanremo, ma una bella trasmissio­ne in tv. E non in quanto disabile, ma in quanto capace. Basta

con le etichette e l’immagine di poverini. E basta con il pietismo, che ci dà tanto fastidio, ma a volte ci fa tanto comodo: sarebbe ora di smetterla con il fascismo dell’abilismo».

Vale a dire?

«L’altro giorno, si parlava di accessibil­ità alla Fondazione Toscanini. Una ragazza disabile ha iniziato a parlare di fascismo del maschio bianco, occidental­e, abile… Non capiva che il mondo è feroce anche per chi è normale. E non è che i disabili per trovare una propria identità debbano per forza trovare un nemico. Altrimenti finiranno come quella parte della politica italiana che ha visto fascismo dappertutt­o tranne dove c’era veramente. E si è smarrita».

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Attore Gianfranco Berardi, attore ipovedente tarantino, con Gabriella Casolaro in «Amleto»

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