Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
E Gianfranco Berardi: «Racconterò il festival ai non vedenti»
Al via oggi, il Festival di Sanremo sarà accessibile con RaiPlay Sound da domani sino a domenica. Prevista una striscia quotidiana in diretta alle 18 (ma anche on demand) intitolata «Sanremo 2024 - Il giorno dopo». Aspetto curioso: a descrivere per i non vedenti scene, luci, coreografie e abiti di cantanti e ospiti, con Guido Barlozzetti, autore e conduttore Rai, ci sarà un attore ipovedente, Gianfranco Berardi, pugliese di Crispiano, in provincia di Taranto, una carriera teatrale importante certificata nel 2018 da un prestigioso premio Ubu per la migliore interpretazione.
Berardi, cos’è, uno scherzo?
«Per niente. Mi hanno per davvero scritturato per rendere il Festival di Sanremo inclusivo e accessibile a ipovedenti e non vedenti».
Scusi, ma come farà?
«Può sembrare paradossale: un ipovedente che spiega a un cieco cosa succede in tv. Sarà molto divertente. Mi appoggerò a Barlozzetti, che ci vede benissimo. Con lui avevo già fatto su Rai Play delle conduzioni televisive per la Giornata mondiale del Braille».
Siamo all’appuntamento televisivo dell’anno.
«Ancora più stimolante. Per il Festival di Sanremo non era mai stata fatta una cosa del genere. Quando i funzionari di Rai Pubblica Utilità mi hanno chiamato chiedendomi come realizzare una trasmissione, ho detto: “La faccio io l’audiodescrizione”. Un disabile capace è una persona capace: punto. Non voglio essere identificato come quello che non vede. Voglio che chi ascolta s’identifichi in me. Un gioco di specchi che
viene dal teatro».
Il senso più profondo dell’operazione?
«Andare oltre la parola accessibilità, che a me, confesso, fa schifo. Siccome l’anno scorso era andato bene l’esperimento di Sanremo Lis, la Rai voleva qualcosa di diverso. Ma quando mi hanno contattato, l’ho detto subito: niente sociale. Stessa cosa dico quando propongo i miei spettacoli: scordatevi il teatro sociale. Ma agli organizzatori interessa perché per l’accessibilità prendono i soldi del Pnrr».
Ci vorrebbe una rivoluzione culturale.
«Basterebbe che prima o poi un disabile conducesse, non dico il Festival di Sanremo, ma una bella trasmissione in tv. E non in quanto disabile, ma in quanto capace. Basta
con le etichette e l’immagine di poverini. E basta con il pietismo, che ci dà tanto fastidio, ma a volte ci fa tanto comodo: sarebbe ora di smetterla con il fascismo dell’abilismo».
Vale a dire?
«L’altro giorno, si parlava di accessibilità alla Fondazione Toscanini. Una ragazza disabile ha iniziato a parlare di fascismo del maschio bianco, occidentale, abile… Non capiva che il mondo è feroce anche per chi è normale. E non è che i disabili per trovare una propria identità debbano per forza trovare un nemico. Altrimenti finiranno come quella parte della politica italiana che ha visto fascismo dappertutto tranne dove c’era veramente. E si è smarrita».