Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Allievo di Brecht e Strehler aveva scelto la Valle d’Itria per far vivere il suo teatro
Masiello: «Senza di lui il Kismet non sarebbe mai esistito»
Quasi certamente è stato un gesto volontario l’uscita di scena dallo spettacolo della vita di Carlo Formigoni, regista e uomo di palcoscenico che dalla sua Ostiglia, in provincia di Mantova, aveva scelto di vivere e operare in Puglia dopo aver attraversato, tra gli anni Cinquanta e Settanta, l’Europa dei grandi teatri, nei quali aveva incontrato molti maestri del Novecento.
Ha lasciato un libro, tra gli effetti personali ritrovati sulla spiaggia dalla quale era scomparso: una raccolta di poesie di Mario Luzi, «Per un mazzo di rose». Un indizio delle proprie volontà era situato tra le pagine separate da un segnalibro, dove si parla di morte e bellezza della vita. «Ma negli ultimi tempi aveva disseminato molte altre tracce sulle proprie intenzioni, che aveva manifestato anche in modo diretto», assicura Giancarlo Luce, con cui Formigoni aveva realizzato diverse produzioni e condiviso la direzione artistica del teatro delle Forche di Massafra, in provincia di Taranto. «Il suo ultimo spettacolo era stato “La piccola città” di Thornton Wilder, una riflessione sulla morte e sulla fuggevolezza della quotidianità. Carlo - rivela Luce - lo considerava il suo testamento spirituale. È stata un’uscita di scena annunciata da tempo, l’addio di un grande maestro che ci lascia un’importante eredità».
Formigoni viveva in Puglia da oltre quarant’anni. A Bari, nel 1981, dopo aver realizzato per qualche anno un corso di formazione per attori a Santa Teresa dei Maschi, aveva cofondato la compagnia teatrale Kismet, oggi diretta da Augusto Masiello nella rete Teatri di Bari. «Se il Kismet esiste dice Masiello - è grazie a Formigoni, un esempio di semplicità, rigore ed essenzialità. Aveva eliminato tutte le cose superflue in un mondo consumistico, sciatto e volgare. Ed anche nella sua ultima uscita di scena è stato superlativo, emozionante».
Al Kismet, come alla compagnia foggiana Cerchio di Gesso, altra realtà teatrale che aveva aiutato a crescere, Formigoni aveva trasferito le conoscenze acquisite in giro per l’Europa. Diceva che il suo amore per il palcoscenico era nato in seguito ad una promessa fatta da giovane sulla tomba di Molière, al cimitero parigino di Père Lachaise. Giurò che il teatro sarebbe diventato la sua vita. E alla fine degli anni Cinquanta si trasferì in Inghilterra, per studiare all’Academy of Music and Dramatic Art diretta da Michaell Mc Cowen. I primi passi iniziò a muoverli, però, nel Berliner Ensemble, il teatro fondato nel 1949 da Bertolt
Brecht e dalla moglie Helene Weigel una volta tornati in patria dopo il lungo esilio dalla Germania nazista (coincidenza, Formigoni era nato proprio nell’anno dell’ascesa di Hitler al potere, il 1933). A Milano era stato allievo di Giorgio Strehler e Franco Parenti e aveva fondato il Teatro del Sole con Antonio Attisani, attore barese trapiantato al nord poi diventato un importante saggista, drammaturgo e critico militante. Da lì, il trasferimento in Puglia.
Da molti anni Formigoni operava nel magico Teatro dell’Altopiano, creato tra i trulli della Valle d’Itria, un’aia nella quale preparava regolarmente i suoi spettacoli, a due passi da Cisternino, dove più volte aveva bussato (inutilmente) alle porte del teatro Paolo Grassi, almeno per preparare i suoi spettacoli. In compenso, dal Teatro pubblico pugliese nel 2021 aveva ricevuto il Premio alla carriera teatrale. E il presidente del consorzio, Paolo Ponzio, nel suo messaggio di cordoglio, lo ricorda così: «Di Formigoni ci resta la testimonianza di un percorso artistico unico nel suo genere, un teatro personalissimo che, nel segno di Brecht e Bettelheim, continuerà a restare vivo, palpitante e autentico».
Masiello
Anche nella sua ultima uscita di scena è stato superlativo, emozionante
Luce
È stato un valente maestro Ci lascia una grande eredità