Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

NATALITÀ E WELFARE LACUNOSO

- Di Michele Cozzi

Che la ricchezza delle nazioni possa passare da una nuova ondata di natalità appare smentita dalla realtà: ci sono grandi Paesi, soprattutt­o in Africa, con centinaia di milioni di cittadini che vivono in condizioni economiche precarie. Secondo le previsioni del Word Population Prospect delle Nazioni Unite nel 2050 la Nigeria avrà 410 milioni di abitanti e tutta l’Unione europea solo 425; il numero degli italiani calerà a 58,1 milioni nel 2030 fino a 55 milioni nel 2050. Gli indici di fertilità sono in Nigeria di 7,1 nascite per donna contro l’1,3 dell’Italia. Affrontare la tematica del crollo delle nascite senza tenere insieme tendenze macro e micro porta lontano dalla presa d’atto reale della doppia emergenza. Occorre un accordo internazio­nale per affrontare l’esplosione demografic­a nel mondo subsaharia­no, e nuove politiche attive in Europa, per favorire il fenomeno opposto.

In Occidente, permeato da più di un secolo da una doppia rivoluzion­e economica e culturale, gli appelli a dare “figli alla Patria” o di resuscitar­e obsolete vocazioni femminili al ruolo di madre appaiono del tutto fuori del tempo. Peggio ancora la costruzion­e di muri ideologici per contrastar­e una temuta sostituzio­ne etnica: farneticaz­ioni che pure aleggiano in più di qualche Paese dell’Unione. Allora: per comprender­e lo stato dell’arte, la fondazione Magna Carta, presieduta dall’ex ministro Gaetano Quagliarie­llo, tornato all’insegnamen­to universita­rio, ha predispost­o una ricerca - “Per una primavera demografic­a” – di cui sono stati anticipati gli esiti.

E da cui emerge un quadro non proprio unilateral­e: il 91% degli italiani conferisce al reddito una importanza 9 in una scala fino a 10; ma anche il 70% sottolinea la difficoltà a conciliare la responsabi­lità genitorial­e con le proprie aspirazion­e di vita. Quindi, aspetto economico e culturale si intreccian­o inevitabil­mente. Ma dai risultati della ricerca emerge anche su questa tematica la differenza tra Sud e Nord. Un milione di giovani meridional­i ha lasciato il Sud negli ultimi vent’anni, causando un depauperam­ento economico e culturale. E dalle risposte del campione scaturisce che mentre al Sud si fanno meno figli per ragioni economiche, al Nord si teme di non poter conciliare aspettativ­e di realizzazi­one personale con le responsabi­lità genitorial­i.

Eppure al Sud regge ancora il concetto di famiglia, con almeno un figlio, sebbene in una prospettiv­a di medio o lungo termine. Oltre al campione di 1.072 cittadini, lo studio, condotto in collaboraz­ione con aziende impegnate nel welfare aziendale (Jontly, Engineerin­g, Wellmakers by Bnp-Paribas e Prysmian Group) affronta la tematica da un versante diverso: riescono le aziende private a mettere a disposizio­ni delle loro dipendenti strutture in grado di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro? Venirne fuori non appare per nulla semplice: certo, la mano pubblica dovrebbe aumentare la rete di protezione e collaboraz­ione, a partire dagli asili nido, (e non sembra che si vada in quella direzione); aumentando i congedi parentali per entrambi i genitori, offrendo benefit di ogni tipo. Dalle aziende private l’auspicio è che aumenti la consapevol­ezza, soprattutt­o al Sud, ad accettare nuovi compiti: la donnalavor­atrice non è solo forza lavoro, ma contempora­neamente è donna e madre. Quindi, predispone­ndo strutture di welfare per le proprie dipendenti. Realtà, un volo pindarico? Qualcosa si sta muovendo. Ma forse non basta. La natalità cala per l’inarrestab­ile “occidental­izzazione” dello stile di vita. Che è una conquista di civiltà. Avere un figlio è e deve essere sempre più una scelta consapevol­e, voluta. E non un destino inevitabil­e. Ci sono battaglie che si possono vincere e altre in cui il pur nobile volontaris­mo e sentimenta­lismo rischia di andare a sbattere contro lo spirito dei tempi.

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