Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Il «lessico famigliare» di Aurelio e Luigi

- Nicolò Delvecchio

«La nostra seconda squadra», «il vivaio». E poi, in risposta, «l’altra squadra della Filmauro» e «l’altra squadra del gruppo». Parlano di Bari e Napoli quasi senza citarle direttamen­te, Aurelio e Luigi De Laurentiis, nel non programmat­o botta e risposta che da ieri tiene banco in città. E poco importa che, a danno ormai abbondante­mente fatto, il numero uno della Filmauro abbia cercato di correggere il tiro scrivendo che «il Bari è guidato da mio figlio Luigi De Laurentiis in totale autonomia» e che «le mie parole sul Bari sono state fraintese». È anche nel lessico usato che si intravedon­o le crepe, mai così evidenti, tra il presidente del Napoli e il presidente del Bari, padre e figlio divisi più che mai.

Il primo, in verità da sempre, parla come se le sue parole non dovessero suscitare, negli altri, niente di più di un silenzioso «sì», forte della solidità economica di un gruppo che guida da decenni e dei risultati sportivi che, a Napoli, si sono visti solo con Maradona. Il secondo, molto più equilibrat­o e diplomatic­o in tutte le uscite pubbliche – anche se a Bari gli si rimprovera di non parlare alla stampa ormai dalla scorsa estate – tenta invece di sottolinea­re la distanza con il padre non nominando mai la sua «creatura», senza però riuscirci pienamente.

Perché a Bari, ormai, la spaccatura tra piazza e società è ormai insanabile. Ai De Laurentiis non è stato perdonato lo smantellam­ento della squadra che a giugno arrivò a due minuti dalla serie A, fatto anche cedendo al Napoli Cheddira e Caprile, i due giocatori più di valore di quella rosa. E mai come quest’anno, in quasi sei stagioni sotto Filmauro, è stato evidente quel ruolo da squadra B cui la proprietà ha relegato i biancoross­i. «Il Bari non sarà mai un’appendice del Napoli», disse Aurelio De Laurentiis presentand­osi nel 2018: fatti e parole, in questa stagione, hanno detto tutt’altro.

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