Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La curva contesta: «Devi vendere»
Cori e striscioni contro i De Laurentiis. «Non siamo secondi a nessuno»
BARI La vittoria del Bari con il Lecco regala un sospiro di sollievo in chiave classifica ma non cambia minimamente le carte in tavola rispetto al rapporto, ormai consumato, tra piazza e proprietà. Una partita nella partita è infatti quella che si gioca in curva nord. Era prevedibile, alla luce degli episodi dei giorni scorsi, con tanto di striscioni disseminati in città, dal contenuto inequivocabilmente destinato alla famiglia De Laurentiis. Uno striscione, in evidente continuità con gli scorsi, è posizionato non a caso sin da subito. «Devi vendere. Non siamo sesciarpata condi a nessuno», si legge nel cuore del settore degli ultras.
Un contenuto coerente con il pensiero di tanti (quasi tutti) nel capoluogo pugliese. D’altronde le frasi di Aurelio De Laurentiis, con il riferimento al Bari quale «seconda squadra» della proprietà, hanno fatto malissimo. E non poteva che sollevarsi unanime il coro di «no» alle parole del leader della Filmauro.
La curva, tornando alla partita, si popola e si riempie in ogni ordine di posto, ma soprattutto nelle battute iniziali della gara non è certo avara di cori e «inviti» (diciamo così) a De Laurentiis a lasciare Bari. Che l’andamento della contestazione potesse essere questo era apparso evidente già nel pre match, quando, in occasione dell’inno ufficiale, la non aveva accompagnato le note della canzone. Un emblema piuttosto nitido della delusione, soprattutto della rabbia, dei sostenitori biancorossi. Non l’unica evidenza di scollamento perché non può essere casuale che anche dalla tribuna est, dove di solito sono affissi gli striscioni dei vari club, non ci fosse nulla di tutto ciò. Qualche parola è anche destinata alla squadra («Vogliamo sangue e sudore»), ma fondamentalmente è sempre la proprietà nel mirino della gente barese. Il «Noi non siamo napoletani» è ormai tipico, così come il «De Laurentiis vattene da Bari».
È soprattutto Aurelio a finire nel mirino, aspramente e violentemente. «Bari merita rispetto», intonano con una certa veemenza e continuità, così come l’esortazione ad andare (per usare un eufemismo) «a quel paese». Nemmeno le pause-gol creano tregua, se è vero che le reti di Benali, Puscas e Sibilli sono accolte sì con calore, ma non hanno la forza di interrompere la tiritera anti De Laurentiis. E anche il ritorno in campo di Maiello, pur accolto da un’autentica standing ovation, vale quanto una parentesi. E pure dopo il 90’ il trend non cambia di una virgola. Perché anche dopo una vittoria così pesante la priorità è sempre la stessa: far capire senza possibilità di fraintendimento che la luna di miele tra Bari e i vertici del club è finita. Lo era da un pezzo, ora volano gli stracci.