Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Ho sborsato 11 mila euro, senza fattura» I pazienti raccontano le cure in nero
L’inchiesta della procura di Bari su 47 odontoiatri pugliesi e lucani
BARI «Ho corrisposto la cifra totale di ottomila euro senza ricevere alcuna fattura». E anche «ho corrisposto tra il 2016 e il 2018 circa diecimila euro, ricevendo solo alcune fatture i cui importi sono inferiori rispetto a quelli versati. Ero in attesa di ricevere la fattura finale che al momento non ho ancora ricevuto». C’è poi la paziente che ha pagato cure per undicimila euro, tutti in contanti, e ha poi portato dallo stesso dentista – per interventi minori - anche marito e figlia: «Né io né la mia famiglia abbiamo mai ricevuto fattura o altri documenti fiscali».
Sono le testimonianze di alcuni pazienti di un dentista di Noci indagato insieme ad altri 46 colleghi, e all’ingegnere informatico Tommaso Carbone, per evasione fiscale. Le loro deposizioni sono raccolte nelle carte dell’accusa con cui la Procura di Bari – e, per lo stesso motivo, le altre Procure di Puglia e Basilicata – ha disposto il sequestro di complessivi 5 milioni di euro nei confronti dei professionisti, accusati di aver «nascosto» 33 milioni di euro al fisco dal 2016 al 2020.
In totale la guardia di finanza ha controllato oltre 80 odontoiatri, archiviando le posizioni di alcuni di loro, imponendo sanzioni amministrative a chi aveva evaso ma entro i limiti della punibilità penale (50mila euro) e iscrivendo nel registro degli indagati quelli che invece il limite l’avevano sforato.
La maggior parte dei dentisti, in ogni caso, dopo aver subito perquisizioni e sequestri ha da subito iniziato a regolarizzare la propria posizione con il fisco, tanto che gli stessi inquirenti hanno notato come i redditi da loro dichiarati siano aumentati – negli anni successivi – di media del 56%, con picchi del 150%.
Elemento comune a tutti era l’utilizzo del software «Suite Medical Gold» per tenere i conti dei pagamenti ricevuti in nero. Un software creato e venduto da Carbone, che ne curava anche l’assistenza - sia di persona che da remoto - pur cercando di non dire cose compromettenti quando parlava al telefono con i suoi clienti. Il software era installato su un dispositivo esterno (una normale pendrive o un hard disk) in modo da non lasciare tracce fisiche sul computer. Una volta inserito il dispositivo, era sufficiente digitare F12, immettere una password ed accedere al gestionale, che consentiva di registrare le «schede cliente» e immettere i pagamenti di cui non si intendeva tenere traccia ufficialmente. Una volta rimosso il dispositivo esterno, poi, il gioco era fatto. E il gioco è andato avanti per diversi anni, almeno dal 2016, fino a quando la finanza – in sede di normali controlli fiscali nei confronti di un dentista di Casamassima – non ha trovato il software e dato il via alle indagini, ora alle battute finali.