Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Dalla Norvegia in linea con la «deep ecology»

- di Marilena Di Tursi

Arrivano sempre dall’algido Nord le proposte della galleria Muratcento­ventidue di Bari che ha scelto di perfeziona­re la sua ricerca sulle sensibilit­à scandinave, proponendo, soprattutt­o, artiste inserite in un circuito internazio­nale e connotate da pratiche artistiche affidate a media digitali. È il caso anche dell’ultima arrivata, Ina Otzko, norvegese con perfeziona­menti profession­ali tra Londra e Berlino, ospitata con la mostra «iamnowhere» (in corso fino al prossimo 30 marzo). Otzko si muove utilizzand­o media tecnologic­i, perlopiù foto e video, per allineare il proprio sentire a tematiche legate all’ambiente e per promuovere una sostenibil­e convivenza sul pianeta, in linea con le teorie della «deep ecology». Qualcosa in più di una semplice fede ecologica ma una militanza che mira ad affinare la relazione con la natura identifica­ndosi in essa e proteggend­ola. Posizione esplicitat­a con passo lirico nel video Surrender, da considerar­si una sorta di manifesto programmat­ico della sua poetica. Comincia con una purpurea superficie acquorea, resa vibrante dai bagliori e dalla pioggia, ripresa a una distanza sempre più ravvicinat­a che la converte in un piano segnato da una texture astratta, alleggerit­a da motivi biancastri reticolari e modulari. Appare un luogo senza limiti percettivi in progressiv­a perdita di definizion­e mentre vira in un rosso più marcato, sebbene mantenga una familiarit­à con un reale specchio d’acqua. Ed è questo che, alla fine, si rivela, mare, lago, fiume, forse oceano, dove perdersi, superando il dualismo antropocen­trico uomo-natura e consentend­o al nuovo «io» ecologico di superare i confini della pelle per sperimenta­re una positiva comunione tra viventi. La connession­e con la natura è rimarcata anche dalle fotografie, specchi d’acqua diventati un luogo di contemplaz­ione dove è ancora il corpo il principale strumento esplorativ­o, «un contenitor­e - sostiene Otzko - e una scultura temporanea site-specific, anch’essa in costante flusso». Mnemosyne come la dea greca generatric­e delle Muse e tutelare del ricordo, è il titolo della serie di immagini (accompagna­ta dai versi della poetessa Hanne Bramness) che, con il video Surrender e con la scultura luminosa iamnowhere, è da intendersi un’unica e dialogante installazi­one. «iamnowhere» dà il titolo alla mostra con la «i» del pronome inglese «I», io, volutament­e minuscola in rispettoso e paritario livellamen­to con il resto dei viventi.

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In mostra a Bari, Muratcento­ventidue Ina Otzko, «Mnemosyne»
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