Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
La Puglia vola con le rinnovabili
Dall’eolico al fotovoltaico la regione è seconda in Italia dietro solo alla Lombardia Il business delle grandi imprese
Per produzione da rinnovabili, la Puglia nel 2022 resta seconda in Italia solo alla Lombardia (che però attinge per il 70% da fonti idroelettriche), mentre è prima per lo sviluppo di energia eolica, più di un quarto del totale nazionale. Secondo dati Terna pubblicati a luglio scorso, la produzione netta di energia nella regione è stata di 33 terawattora (circa il 12% del totale nazionale), il 16% in più del 2021. Il 71% (dal 69% di un anno fa) deriva da fonte termoelettrica (+16% in un anno). Da fonti rinnovabili, invece, proviene il restante 28% circa (dal 31,6% dell’anno precedente), di cui il 16% da eolico (-0,5% dal 2021) e il 12,4% da fotovoltaico (+8% dall’anno precedente) e solo lo 0,03% da idroelettrico (essendo la Puglia, come noto, povera di corsi d’acqua). La produzione regionale da rinnovabili, pertanto, pur vedendo ridotta la propria quota per la maggiore accelerazione del termoelettrico, nel 2022 è salita da 9.300 a circa 9.400 twh, pari al 12% del totale italiano.
Almeno per la Puglia, dunque, sono vicini gli obiettivi del 32% di rinnovabili nel mix energetico entro il 2030 fissato dalle direttive europee vigenti e del 30% imposto dal Piano di azione nazionale per energia e clima (Pniec). Ma l’asticella si sta alzando. Per contrastare crisi climatica ed energetica, legate alla dipendenza dai combustibili fossili, infatti, si va verso obiettivi più ambiziosi entro il 2030 (da cristallizzare in un nuovo pacchetto di direttive e in un nuovo Pniec) con l’accordo europeo sul «Fit for 55» e con il piano RepowerEU proposto dalla Commissione europea, sui fronti emissioni di gas serra Ue (-55%; per un’Ue climaticamente neutrale entro il 2050) e rinnovabili (almeno il 42,5% secondo l’accordo raggiunto con il Consiglio europeo e votato dal Parlamento europeo a settembre scorso). Il Pe chiede ai Paesi membri anche di promuovere l’innovazione e garantire procedure accelerate per i progetti di transizione energetica. Tra questi, le piattaforme eoliche galleggianti, capaci di sfruttare la potenza delle acque profonde, a differenza delle fisse in mare, che si limitano a profondità di 60 metri. Secondo lo studio strategico di «The European House-Ambrosetti», è una tecnologia valida «per efficienza e minimizzazione dell’impatto ambientale e può avere ricadute molto positive sul territorio, in termini di economia e occupazione. Non avendo una base interrata, è meno invasiva, perché le turbine rispetto a quelle a fondo fisso, impattano meno sui fondali e sugli habitat marini. E sono quasi invisibili all’orizzonte, date le lunghe distanze dalla costa. Sicilia, Puglia e Sardegna le regioni con più potenzialità, rispettivamente con 65, 37 e 28 gigawattora di potenza stimata installabile al 2030. L’intero Paese può produrre 207,3 gwh, ossia più del 60% del potenziale di energia rinnovabile. E, per ragioni geografiche e industriali, avrebbe potenzialità da terzo mercato mondiale nel settore».
Tra le rinnovabili, grandi potenzialità ha anche la geotermia a bassa entalpia: «Le esperienze positive sono tante ma non sono censite – riferisce Vito Felice Uricchio, dirigente dell’Istituto di ricerca sulle Acque del Cnr -. Il Cnr ha accertato che, usando solo l’1% del potenziale di questa fonte, potremmo climatizzare tutta Italia, dimezzando il fabbisogno di gas. Ci consentirebbe di democratizzare la produzione di energia, perché chiunque abbia accesso al sottosuolo può dotarsi di un impianto geotermico, con un investimento pari a quello di una caldaia a gas».