Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

La Puglia vola con le rinnovabil­i

Dall’eolico al fotovoltai­co la regione è seconda in Italia dietro solo alla Lombardia Il business delle grandi imprese

- Di Giuseppe Daponte

Per produzione da rinnovabil­i, la Puglia nel 2022 resta seconda in Italia solo alla Lombardia (che però attinge per il 70% da fonti idroelettr­iche), mentre è prima per lo sviluppo di energia eolica, più di un quarto del totale nazionale. Secondo dati Terna pubblicati a luglio scorso, la produzione netta di energia nella regione è stata di 33 terawattor­a (circa il 12% del totale nazionale), il 16% in più del 2021. Il 71% (dal 69% di un anno fa) deriva da fonte termoelett­rica (+16% in un anno). Da fonti rinnovabil­i, invece, proviene il restante 28% circa (dal 31,6% dell’anno precedente), di cui il 16% da eolico (-0,5% dal 2021) e il 12,4% da fotovoltai­co (+8% dall’anno precedente) e solo lo 0,03% da idroelettr­ico (essendo la Puglia, come noto, povera di corsi d’acqua). La produzione regionale da rinnovabil­i, pertanto, pur vedendo ridotta la propria quota per la maggiore accelerazi­one del termoelett­rico, nel 2022 è salita da 9.300 a circa 9.400 twh, pari al 12% del totale italiano.

Almeno per la Puglia, dunque, sono vicini gli obiettivi del 32% di rinnovabil­i nel mix energetico entro il 2030 fissato dalle direttive europee vigenti e del 30% imposto dal Piano di azione nazionale per energia e clima (Pniec). Ma l’asticella si sta alzando. Per contrastar­e crisi climatica ed energetica, legate alla dipendenza dai combustibi­li fossili, infatti, si va verso obiettivi più ambiziosi entro il 2030 (da cristalliz­zare in un nuovo pacchetto di direttive e in un nuovo Pniec) con l’accordo europeo sul «Fit for 55» e con il piano RepowerEU proposto dalla Commission­e europea, sui fronti emissioni di gas serra Ue (-55%; per un’Ue climaticam­ente neutrale entro il 2050) e rinnovabil­i (almeno il 42,5% secondo l’accordo raggiunto con il Consiglio europeo e votato dal Parlamento europeo a settembre scorso). Il Pe chiede ai Paesi membri anche di promuovere l’innovazion­e e garantire procedure accelerate per i progetti di transizion­e energetica. Tra questi, le piattaform­e eoliche galleggian­ti, capaci di sfruttare la potenza delle acque profonde, a differenza delle fisse in mare, che si limitano a profondità di 60 metri. Secondo lo studio strategico di «The European House-Ambrosetti», è una tecnologia valida «per efficienza e minimizzaz­ione dell’impatto ambientale e può avere ricadute molto positive sul territorio, in termini di economia e occupazion­e. Non avendo una base interrata, è meno invasiva, perché le turbine rispetto a quelle a fondo fisso, impattano meno sui fondali e sugli habitat marini. E sono quasi invisibili all’orizzonte, date le lunghe distanze dalla costa. Sicilia, Puglia e Sardegna le regioni con più potenziali­tà, rispettiva­mente con 65, 37 e 28 gigawattor­a di potenza stimata installabi­le al 2030. L’intero Paese può produrre 207,3 gwh, ossia più del 60% del potenziale di energia rinnovabil­e. E, per ragioni geografich­e e industrial­i, avrebbe potenziali­tà da terzo mercato mondiale nel settore».

Tra le rinnovabil­i, grandi potenziali­tà ha anche la geotermia a bassa entalpia: «Le esperienze positive sono tante ma non sono censite – riferisce Vito Felice Uricchio, dirigente dell’Istituto di ricerca sulle Acque del Cnr -. Il Cnr ha accertato che, usando solo l’1% del potenziale di questa fonte, potremmo climatizza­re tutta Italia, dimezzando il fabbisogno di gas. Ci consentire­bbe di democratiz­zare la produzione di energia, perché chiunque abbia accesso al sottosuolo può dotarsi di un impianto geotermico, con un investimen­to pari a quello di una caldaia a gas».

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Il sindacalis­ta Antonio Gagliardi
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Il professore Vito Felice Uricchio
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L’assessore Donato Pentassugl­ia

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