Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«Europa ancora lontana, servono nuovi modelli di energia alternativa»
Il contrasto ai cambiamenti climatici e la soluzione alla crisi energetica passano attraverso la transizione ecologica. Senza considerare le prospettive sul piano dell’occupazione che l’installazione di impianti di energia pulita possono generare. Ormai da anni si discute di questo tema ma l’Italia ancora fatica a raggiungere gli obiettivi di sviluppo sostenibile richiesti dall’Unione Europea. E anche la Puglia cammina a rilento, nonostante i buoni propositi. Per Daniela Salzedo, direttrice di Legambiente Puglia, occorre pigiare sull’acceleratore per riuscire ad avvicinarsi il più possibile agli obiettivi prefissati per il 2030. «Non ce la faremo», però afferma, analizzando lo stato dell’arte delle rinnovabili in Puglia.
Pensa davvero che gli obiettivi siano lontani?
«Siamo in ritardo pazzesco.
Abbiamo un obbligo dell’Unione Europea, dobbiamo raggiungere gli 8 gigawatt entro il 2030. Difficile pensare che potremo farcela. Siamo in palese difficoltà».
Perché?
«Servono impianti di energia alternativa e se vogliamo parlare di transizione ecologica dobbiamo pensare a mettere in piedi impianti. Dal canto nostro ci stiamo adoperando il più possibile anche per superare le paure dei cittadini. Sono oltre quindici anni che parliamo di rinnovabili, sappiamo da tempo che non abbiamo alternativa».
In tanti si sono posti il problema dell’impatto paesaggistico di eolico e fotovoltaico. Cosa ne pensa?
«Penso che non esista il progetto perfetto. Se noi ci poniamo con il “no” assoluto tutto sarà più difficile. È vero, negli anni passati c’è stato davvero un impatto paesaggistico negativo degli impianti ed è chiaro che non siamo favorevoli a distese che vanno a sottrarre terreno all’agricoltura. Vanno scelti i progetti migliori e attuati».
Qual è a suo avviso l’alternativa migliore?
«Si pensi, ad esempio, all’eolico offshore. Decisamente poco impattante sul piano ambientale, genera energia rinnovabile senza alcun danno per la biodiversità. Il paradosso è che siamo la regione dell’Ilva e c’è chi teme il parco eolico nel Golfo di Taranto. Inoltre, l’aspetto del risvolto occupazionale dell’industria green senza impatto ambientale è fondamentale. Non arreca danni al territorio, bensì tutela il territorio».
Cosa si aspetta allora?
«La Regione dovrebbe incentivare gli impianti. Abbiamo aspettato il decreto del governo, è arrivato il momento che la Regione rinnovi il piano energetico ambientale. Stiamo attendendo da troppo e nel frattempo è cambiato tanto».
Intanto il 2030 è quasi alle porte…
«La scadenza non è il 2030 ma il giorno dopo il 2030. La visione deve essere a lungo periodo. Ma c’è bisogno di una politica che sia dalla nostra parte e non che vi sia un rimpallo di competenze. Ognuno deve assumersi le sue responsabilità ma secondo un obiettivo unico, cioè quello di produrre energia pulita».