Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
«A Japigia voglio 500 voti» Il sistema dell’ex consigliere per far eleggere la moglie Minacce all’ex Popolare
Assunzioni pilotate, amministrazione giudiziaria anche per Maldarizzi
«Oggi ho incontrato quelli di Japigia, ho detto ‘Ehi mo lo dico a modo mio, se quella non prende 500 voti a Japigia prendo lo stomaco di B. e glielo faccio a pezzettini personalmente. Cioè lo faccio stare peggio di come stava prima che conoscesse mio suocero. Mettetevi come vi dovete mettere, che qua succede la guerra». Parlava così, con fare «aggressivo e prepotente» e con la «particolare attitudine a comportamenti mafiosi», come scrive il gip Alfredo Ferraro, l’ex consigliere regionale e avvocato Giacomo Olivieri, da ieri in carcere con l’accusa di scambio elettorale politico-mafioso.
Secondo l’accusa avrebbe svolto il ruolo di «procacciatore di voti» della malavita per la moglie Maria Carmen Lorusso, poi effettivamente eletta al consiglio comunale di Bari nel 2019. Riferendosi a «quelli di Japigia», Olivieri parla (intercettato) del clan Parisi e dei suoi rapporti con Tommaso Lovreglio, 40enne incensurato nipote di Savinuccio Parisi e «portavoce» del clan che secondo gli inquirenti aveva già garantito l’appoggio del clan Parisi «in occasione delle elezioni primarie del candidato sindaco Pasquale Di Rella». «Una volta che questa va al consiglio comunale - dice Lovreglio - possiamo fare che c.. vogliamo». Ma l’ex consigliere regionale avrebbe preso i voti anche da parte dei clan Montani e Strisciuglio, che gli avrebbero assicurato voti nei quartieri San Paolo e San Girolamo. Ai mafiosi, in cambio dell’elezione della moglie, Olivieri avrebbe promesso denaro (fino a diecimila euro), posti di lavoro o «altre utilità», come buoni benzina o «promozioni» lavorative. Con Lorusso correva alle elezioni anche Michele Nacci (ai domiciliari), primo dei non eletti e «aiutato» da Olivieri con un posto di lavoro. Ma avrebbe anche promesso cure mediche particolarmente attente da parte di suo suocero, l’oncologo Vito Lorusso, che tra i pazienti aveva il nipote di Savinuccio Parisi, malato di cancro poi deceduto. Per questo, oltre a Maria Carmen, ai domiciliari è finito lo stesso Vito Lorusso, che pochi giorni dopo le elezioni avrebbe ringraziato Massimo Parisi (fratello del boss): «Volevo ringraziare soprattutto dell’impegno con cui avete sostenuto mia figlia. Nonostante Di Rella abbia avuto mazzate alla ciecata (perse le elezioni contro Decaro, ndr) l’importante è che Maria Carmen ce l’abbia fatta».
A Olivieri è anche contestata un’estorsione nei confronti della Banca Popolare di Bari e della società di recupero crediti Cerved spa, che avrebbe minacciato di affossare con uno «scandalo mediatico» attraverso la sua testata online, «Il Quotidiano Italiano», se avesse insistito a chiedere la restituzione di un debito da oltre 1 milione di euro contratto dalla sua fondazione Maria Rossi Olivieri. Il credito non fu più richiesto, la quasi totalità del patrimonio di Olivieri e famiglia è ora sotto sequestro. Nelle carte degli inquirenti emergono anche i rapporti che il clan Parisi aveva con l’imprenditoria pugliese sia privata che pubblica, oltre al ruolo giocato nella spartizione delle aste giudiziarie. Il clan, infatti, si sarebbe aggiudicato un’asta per un opificio ad Altamura, convincendo l’imprenditore Francesco Frezza (attuale vice presidente di Confindustria Bari-Bat) a ritirare la propria offerta per la struttura della Legno srl, fallita. In cambio, Frezza avrebbe ottenuto dal clan il credito da 320 mila euro che vantava nei confronti della società fallita. Ad agire da intermediario tra Lovreglio e Frezza sarebbe stato il suocero di quest’ultimo, Alberto Bellizzi della Bellizzi srl. Sia lui che Frezza («tutt’altro che vittima», per il gip) sono da ieri ai domiciliari.
Il ruolo di Lovreglio sarebbe poi stato centrale anche nell’assoggettamento dell’Amtab e di Maldarizzi Automotive, da ieri in amministrazione giudiziaria, al clan Parisi. Per la prima di cui era dipendente dal 2004 avrebbe ottenuto cinque posti di lavoro nei confronti di persone a lui vicine ( «il presidente non è padrone, qui nessuno è padrone, c’è solo rispetto reciproco e basta») per la Fiera del Levante del 2018. Per la seconda, invece, avrebbe lavorato come venditore d’auto in modo da accrescere la presenza del clan sul quartiere Japigia, dove ha sede la concessionaria. «Io là spingo i bottoni, fanno quello che dico io, tengo fiducia e credibilità». «Il rapporto di agevolazione» offerto dalla società a Lovreglio, scrive il gip «trova il suo contrappeso nella protezione mafiosa che Lovreglio» offre all’azienda.
❞ Le pressioni
Li ho incontrato e a loro ho detto: “Ehi mo lo dico a modo mio, mettetevi come vi dovete mettere, che qua succede la guerra”
❞ Le cure oncologiche
Denaro in cambio del consenso ma anche cure mediche da parte di mio suocero, Vito Lorusso, che tra i pazienti aveva il nipote di Savinuccio