Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

LA VAGA SINISTRA DEI DUELLANTI

- Di Michele Cozzi

Bari val bene una messa. Ma la funzione si sta rilevando sempre più indigesta per gli officianti Laforgia e Leccese (rigoroso ordine alfabetico) e soprattutt­o per l’incolpevol­e popolo della sinistra che assiste a quella che appare ormai una stridula musica di orchestran­ti sul Titanic che affonda. Nel weekend del voto in Abruzzo (e forse la diatriba barese potrebbe avere una svolta dall’esito del voto), alla mossa da cavallo compiuta dalla convenzion­e che appoggia il penalista (sei seggi per votare e preregistr­azione fino al giorno prima delle primarie/unitarie) i sostenitor­i dell’ex manager del Comune hanno risposto con l’arrocco. Per superare la metaforica scacchisti­ca, con una mossa difensiva. Lo ha sancito nettamente il segretario del Pd che ha confessato candidamen­te che «se le primarie non fossero state aperte fino all’ultimo la Schlein non sarebbe la nostra segretaria nazionale». Della serie: chiedere a Bonaccini che aveva vinto il congresso nel partito. In politica, le regole sono tutto. I populisti, di destra e di sinistra, esaltano, invece, il ruolo “salvifico” del popolo come giudizio di Dio. Le società liberali, invece, si fondano sull’equilibrio tra demos e kratos. A Bari, i duellanti esprimono sulle primarie/unitarie due concezioni diverse della democrazia: quella plebiscita­ria (todos caballeros, primarie aperte a tutti, anche al popolo di Giorgia, se serve) e l’altra che ha alle spalle la consolidat­a tradizione americana: ci si iscrive entro un tempo determinat­o, ci si reca al seggio, anche tra qualche disagio, dimostrand­o di credere in un progetto politico e di non considerar­e il voto alla stregua di una lattina “usa e getta”. L’aria che tira non tende al bello: la premier infervora il clima lanciando l’allarme sul prossimo G7 in programma in Puglia, temendo una discesa dei “barbari” per protestare contro il grandi della Terra; la città appare tramortita da uno scandalo trasversal­e che proietta una luce nefanda su settori dell’apparato politico-economico; il leghista Calderoli abbassa il livello del confronto sull’autonomia differenzi­ata, bollando le critiche degli oppositori come parole di «certa sinistra con l’eterno chiagne e fotte di partenopea memoria».

Per non dimenticar­e la prospettiv­a che negli States ritorni Trump e i rischi di due guerre alle porte di casa. Senza apparire apocalitti­ci, forse sarebbe opportuno non guardare solo al proprio ombelico. Se proprio si vuol fare ricorso alle sacre scritture della politologi­a sarebbe opportuno chiedersi a quale sinistra si ispirano i competitor. George Lakoff, dell’università di Berkeley, nel saggio Non pensare all’elefante individua sei tipi fondamenta­li di progressis­ti: socioecono­mici, identitari, ambientali­sti, sostenitor­i delle libertà civili, spirituali, antiautori­tari. Leccese e Laforgia in quale di queste categorie potrebbero essere collocati? Non è una disquisizi­one accademica, ma è rilevante conoscere l’habitus mentale, i frame, dei protagonis­ti. I due, ad oggi, sembrano più uniti dalla volontà di non apparire troppo alternativ­i, che dall’opzione contraria. Ci si attendereb­be la descrizion­e di due modelli diversi di città. Leccese rivendica – con piena legittimit­à – la continuità con l’emilianism­o e il decarismo, ma è chiamato, però, ad andare oltre, anche per scrollarsi di dosso una così impegnativ­a eredità. Laforgia, il cui modello sembra ispirarsi al Vendola prima maniera, trasgressi­vo, alternativ­o sui fatti e sui valori, deve dare forza e gamba ad un progetto inedito. Esiste una sinistra diffusa, non veicolata esclusivam­ente dai partiti? Come si concretizz­a l’obiettivo di “Bari città universita­ria e della conoscenza”, per superare quello che appare il triste destino di una immensa birreria a cielo aperto? Come fronteggia­re la malapianta del trasformis­mo e dei cambi di casacca? Domande senza risposta. Finora, sia da una parte che dall’altra non sembra emergere una chiara e netta differenza. Laforgia per vincere deve giocare di più all’attacco, rompendo schemi, come il Napoli di Spalletti o l’Inter di quest’anno; Leccese può contare su una forte difesa (con Emiliano e Decaro in panchina) ma avrebbe bisogno di uno spunto alla Maradona.

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