Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
LA VAGA SINISTRA DEI DUELLANTI
Bari val bene una messa. Ma la funzione si sta rilevando sempre più indigesta per gli officianti Laforgia e Leccese (rigoroso ordine alfabetico) e soprattutto per l’incolpevole popolo della sinistra che assiste a quella che appare ormai una stridula musica di orchestranti sul Titanic che affonda. Nel weekend del voto in Abruzzo (e forse la diatriba barese potrebbe avere una svolta dall’esito del voto), alla mossa da cavallo compiuta dalla convenzione che appoggia il penalista (sei seggi per votare e preregistrazione fino al giorno prima delle primarie/unitarie) i sostenitori dell’ex manager del Comune hanno risposto con l’arrocco. Per superare la metaforica scacchistica, con una mossa difensiva. Lo ha sancito nettamente il segretario del Pd che ha confessato candidamente che «se le primarie non fossero state aperte fino all’ultimo la Schlein non sarebbe la nostra segretaria nazionale». Della serie: chiedere a Bonaccini che aveva vinto il congresso nel partito. In politica, le regole sono tutto. I populisti, di destra e di sinistra, esaltano, invece, il ruolo “salvifico” del popolo come giudizio di Dio. Le società liberali, invece, si fondano sull’equilibrio tra demos e kratos. A Bari, i duellanti esprimono sulle primarie/unitarie due concezioni diverse della democrazia: quella plebiscitaria (todos caballeros, primarie aperte a tutti, anche al popolo di Giorgia, se serve) e l’altra che ha alle spalle la consolidata tradizione americana: ci si iscrive entro un tempo determinato, ci si reca al seggio, anche tra qualche disagio, dimostrando di credere in un progetto politico e di non considerare il voto alla stregua di una lattina “usa e getta”. L’aria che tira non tende al bello: la premier infervora il clima lanciando l’allarme sul prossimo G7 in programma in Puglia, temendo una discesa dei “barbari” per protestare contro il grandi della Terra; la città appare tramortita da uno scandalo trasversale che proietta una luce nefanda su settori dell’apparato politico-economico; il leghista Calderoli abbassa il livello del confronto sull’autonomia differenziata, bollando le critiche degli oppositori come parole di «certa sinistra con l’eterno chiagne e fotte di partenopea memoria».
Per non dimenticare la prospettiva che negli States ritorni Trump e i rischi di due guerre alle porte di casa. Senza apparire apocalittici, forse sarebbe opportuno non guardare solo al proprio ombelico. Se proprio si vuol fare ricorso alle sacre scritture della politologia sarebbe opportuno chiedersi a quale sinistra si ispirano i competitor. George Lakoff, dell’università di Berkeley, nel saggio Non pensare all’elefante individua sei tipi fondamentali di progressisti: socioeconomici, identitari, ambientalisti, sostenitori delle libertà civili, spirituali, antiautoritari. Leccese e Laforgia in quale di queste categorie potrebbero essere collocati? Non è una disquisizione accademica, ma è rilevante conoscere l’habitus mentale, i frame, dei protagonisti. I due, ad oggi, sembrano più uniti dalla volontà di non apparire troppo alternativi, che dall’opzione contraria. Ci si attenderebbe la descrizione di due modelli diversi di città. Leccese rivendica – con piena legittimità – la continuità con l’emilianismo e il decarismo, ma è chiamato, però, ad andare oltre, anche per scrollarsi di dosso una così impegnativa eredità. Laforgia, il cui modello sembra ispirarsi al Vendola prima maniera, trasgressivo, alternativo sui fatti e sui valori, deve dare forza e gamba ad un progetto inedito. Esiste una sinistra diffusa, non veicolata esclusivamente dai partiti? Come si concretizza l’obiettivo di “Bari città universitaria e della conoscenza”, per superare quello che appare il triste destino di una immensa birreria a cielo aperto? Come fronteggiare la malapianta del trasformismo e dei cambi di casacca? Domande senza risposta. Finora, sia da una parte che dall’altra non sembra emergere una chiara e netta differenza. Laforgia per vincere deve giocare di più all’attacco, rompendo schemi, come il Napoli di Spalletti o l’Inter di quest’anno; Leccese può contare su una forte difesa (con Emiliano e Decaro in panchina) ma avrebbe bisogno di uno spunto alla Maradona.