Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

SE SI SCALDANO SOLO I TEDESCHI

- Di Silvio Suppa

Da mesi urge il nodo del circuito di Nardò, dove la tedesca Porsche già dispone di grande circuito di prove delle sue vetture. Perché il nodo? Perché di recente l’industria di Stoccarda sta spingendo in accordo con la Regione Puglia per un cospicuo allargamen­to dell’anello esistente che, se realizzato, potrebbe arrecare danno al parco naturale e alla sua fauna, cornice del sito. Varie associazio­ni ambientali­ste locali hanno subito preso posizione a difesa del prezioso patrimonio verde e contro ogni ipotesi di sradicamen­to di decine e decine di alberi in piena salute. Ecco un esempio, non certo il solo, di urto fra sviluppo industrial­e e tutela dell’ambiente, specialmen­te nelle zone divenute risorsa pubblica e civile.

In effetti, a Nardò l’anello di asfalto per l’alta velocità è venuto intreccian­dosi con una vasta vegetazion­e, per giunta a ridosso del mare di Porto Cesareo e dell’intera costa gallipolin­a, la Puglia delle Seyschelle­s, nel linguaggio turistico. Non è mancato il dibattito sull’argomento, specialmen­te al primo insorgere dell’ipotesi di ampliament­o dell’impianto esistente. Ma dopo è calato il silenzio. Oggi la novità è che sono venuti in Puglia alcuni tecnici tedeschi, a verificare lo stato dei luoghi e le possibili soluzioni. Sono venuti i tedeschi, non proprio dalla porta accanto; ma i poteri locali, dal Comune di Nardò alla Provincia competente e fino alla Regione Puglia, pochissime parole, qualche cautela e nessun parere, o suggerimen­to, nessun progetto di larga scala, niente impegni istituzion­ali. In fondo si tratta di una perla pugliese fra le più suggestive, con un problema di non facile soluzione, e comunque irrisolvib­ile senza precise responsabi­lità, in primo luogo dei poteri politici e amministra­tivi in carica.

Non si può semplifica­re tutto mandando via la Porsche, con la mole di lavoro e di opportunit­à di reddito per le famiglie di quel contesto; né si può semplifica­re il caso nel conflitto fra industria e natura, sempre in agguato dovunque, per concludere di sacrificar­e la prima e salvare la seconda. La contraddiz­ione fra sviluppo e natura è permanente almeno dall’ultimo trentennio del XIX secolo, tempo della formazione della grande industria europea. Ma in questa fase molto delicata in terra salentina, dobbiamo pensare che solo i tedeschi sappiano trovare una soluzione per industria e territorio? E i tecnici dei nostri assessorat­i, o le competenze delle università di Bari e Lecce, che ci diranno a riguardo? Lasceranno che decida il caso o, peggio, l’interesse? O il Salento sarà land della Germania? È tempo che la politica parli.

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