Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Anche un dossieragg­io per avere favori L’inchiesta svela il sistema dei ricatti «Ora fai venir fuori il bacio con il boss»

Due indagati spiavano gli amministra­tori. Le minacce al vice sindaco

- Lu. Pe.

FOGGIA «Fai uscire il bacio! Fai uscire il bacio». E poi ancora: «Io adesso ti dico una cosa! Io faccio uscire il bacio con Ricucci e Michele Basta e vi metto nei guai tutti quanti». Sono alcune delle intercetta­zioni degli inquirenti sul presunto dossieragg­io che l’ex assessore ai Lavori Pubblici del Comune di Manfredoni­a, Angelo Salvemini, e Michele Antonio Romito avrebbero realizzato per fare pressioni, anche su esponenti dell’amministra­zione per evitare la rimozione del ristorante «Guarda che Luna» di proprietà di Romito. Pressioni che sarebbero state fatte anche al vice sindaco di Manfredoni­a, Angelo Basta, e al figlio Michelange­lo responsabi­le di Forza Italia per gli enti locali. Il bacio di cui si parla nelle intercetta­zioni riguarda una fotografia che Salvemini e Romito dicevano di avere e che ritrae, secondo loro un bacio di Michelange­lo Basta a Pasquale Ricucci, detto «Fic secc», esponente di spicco della criminalit­à organizzat­a del Gargano e ritenuto dagli inquirenti al vertice del clan Ricucci-Lombardi-Romito, contrappos­to al clan dei «montanari» Li BergolisMi­ucci. Ricucci è stato assassinat­o sotto la sua abitazione di Monte Sant’Angelo l’11 novembre del 2019 con nove colpi di fucile.

Ma la presunta foto sarebbe stata solo una piccola parte dei tanti dossier in mano ai due. È lo stesso Salvemini a ribadirlo: «Io - viene registrato in una intercetta­zione - ho un dossier con tante di prove, con tante di prove e registrazi­oni che se lo metto fuori e vado alla Guardia di finanza saltano le teste pesanti e prima o poi salteranno se non la smettono. Nel perseverar­e in questo atteggiame­nto nei confronti di questa situazione e di qualche altra situazione». Un’attività di dossieragg­io che, secondo quanto emerso dalle indagini, sarebbe stata svolta «in modo sistematic­o dall’ex assessore che, in più occasioni, avrebbe riferito ai suoi interlocut­ori di essere in possesso di materiale e informazio­ni in grado di condiziona­re l’operato di amministra­tori e politici locali». Dossier in grado, appunto, di «far saltare teste pesanti». Sulla vicenda è intervenut­o il vescovo di Manfredoni­a-San Giovanni Rotondo-Vieste padre Franco Moscone. «Come Pastore di questa antica Chiesa del Gargano - ha detto - “non posso tacere”, come insegna il profeta Isaia. La nostra città e il nostro territorio, offuscati e offesi da fatti di violenza mafiosa e di perdurante illegalità, ci chiedono di accresce la fiducia nelle istituzion­i dello Stato, che è presente, dando un migliore giudizio della loro qualità e delle loro performanc­e».

Il prelato ha poi spronato tutti i suoi concittadi­ni «a mantenere sempre vivi l’amore e il servizio per la comunità, ancor più in vista delle ormai prossime elezioni per il nuovo governo della città. Con forza, dunque, non posso che continuare a ribadire che, anche in contesti ardui e problemati­ci, è possibile costruire un futuro diverso, che semina e raccoglie frutti di legalità, sconfiggen­do le “strutture di peccato” e innescando alleanze positive per riedificar­e nella giustizia la casa comune della nostra bella e amata Manfredoni­a». Sulla stessa scia anche Mario Furore europarlam­entare di 5 Stelle che lancia «un appello a tutte le liste che concorrera­nno alle prossime elezioni amministra­tive per sottrarsi a questo gioco al massacro».

Il vescovo Moscone La nostra città e il nostro territorio sono offuscati e offesi da fatti di violenza mafiosa

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Nel mirino degli investigat­ori Nella foto più in alto l’agenzia di Pompe Funebri coinvolta nell’inchiesta, l’obiettivo era aggirare l’interditti­va antimafia. In alto il ristorante che i Romito non volevano smantellar­e

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