Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Quando i dolori dei grandi hanno influenzat­o i tempi

Nella «Storia letteraria delle malattie» di Elisa Tinelli gli autori di culto narrano le epidemie del passato

- Di Domenico Lassandro

Scrive nel prologo l’autrice di questa Storia letteraria delle malattie, Elisa Tinelli, docente di Letteratur­a italiana (Università di Bari), di essere stata indotta dall’esperienza della trascorsa pandemia a interrogar­e gli autori della letteratur­a, soprattutt­o quelli «delle opere immortali che in ogni momento hanno qualcosa da rivelare», per osservare, attraverso lo specchio dei loro scritti, la reazione degli uomini – gli abitanti della dantesca «aiuola che ci fa tanto feroci» – di fronte a malattie fortemente contagiose e mortali.

Il libro, che propone i risultati di una seria ricerca storica e letteraria e che è di agevole lettura per la nitidezza della scrittura, passa in rassegna molte epidemie del passato, rese «celebri» dalle opere di grandi autori (Boccaccio e Manzoni tra tutti) e testimonia­te anche in cronache, relazioni di ecclesiast­ici, provvedime­nti di magistrati e così via: testimonia­nze tutte, le «maggiori» e le «minori», attentamen­te raccolte, vagliate e commentate (e talvolta riportate in estratti).

Avendo questo criterio «filologico» come bussola, l’autrice disegna una storia delle epidemie del passato, circoscriv­endola, come recita il sottotitol­o del volume («La narrazione del contagio dal Medioevo all’Età moderna»), temporalme­nte ai secoli tra XIV e XX e geografica­mente all’Italia. Non mancano però allargamen­ti verso il passato più remoto e le altre letteratur­e. A partire da due testi fondanti della civiltà occidental­e, l’Iliade, che inizia proprio con la descrizion­e della pestilenza inviata per punizione dal dio Apollo nel campo degli Achei, e l’Antico Testamento, che nell’Esodo descrive la pestilenza del bestiame, una delle «piaghe» inviate da Dio agli Egiziani per indurre il Faraone a liberare dalla schiavitù il popolo ebraico.

Sempre nell’ottica del maggior possibile allargamen­to documentar­io, si incontrano riferiment­i ai classici greci e latini, a Sofocle, ad esempio, nel cui Edipo re si legge dell’«orribile peste, una divinità di fuoco che colpisce e investe Tebe», a Tucidide e al suo rigoroso resoconto della peste d’Atene, a Ippocrate che nel mìasma (un’impurità vagante nell’aria) vede, da medico, la causa delle contaminaz­ioni contagiose, a Lucrezio, la cui grandiosa descrizion­e della peste conclude drammatica­mente il De rerum natura e a tanti altri. E vengono anche discussi alcuni libri paradigmat­ici della nostra modernità: L’amore ai tempi del colera di Gabriel Garcia Márquez, La peste di Albert Camus, la Diceria dell’untore di Gesualdo Bufalino, Cecità di José Saramago ed altri ancora.

Si susseguono dunque nei vari capitoli del volume le descrizion­i delle pestilenze della storia medievale e moderna, a partire da quella di Firenze del 1348 che, giunta in Italia dall’Oriente a metà del secolo XIV e manifestat­asi con estrema virulenza e innumerevo­li morti, fu creduta, come scrive il Boccaccio all’inizio del Decameron, o causata dalla congiunzio­ne degli astri o «per le nostre inique opere da giusta ira di Dio a nostra correzione mandata sopra i mortali». Boccaccio riflette sulla dimensione pubblica dell’epidemia, rilevando, tra l’altro, che nella comune tragedia lo spettacolo della morte dei più poveri era «di molto maggior miseria pieno» e la sepoltura era divenuta un’indecorosa pratica di accatastam­ento dei cadaveri in fosse comuni («come si mettono le mercatanti­e nelle navi a suolo a suolo»). Francesco Petrarca invece, conformeme­nte alla sua natura meditativa, si concentra su una narrazione privata dell’irreparabi­le rovina, causa in lui di paura e di terrore.

Dalla peste nera di Firenze parte una lunga carrellata storica fino ai nostri tempi, percorsa non solo alla luce dei testi letterari (l’Epistola della peste di Niccolò Machiavell­i, ad esempio, sull’epidemia fiorentina del 15221523), ma anche analizzand­o trattati medici, manuali di cura (i Consilia), resoconti sui vari fenomeni storici di epidemie: peste, vaiuolo, sifilide, tubercolos­i di cui muore la Silvia del Leopardi, il colera che compare ne I Malavoglia di Verga e così via.

In questo vasto panorama cronologic­o uno spazio particolar­e è dedicato alla peste milanese del Seicento, mirabilmen­te raccontata, come è ben noto, ne I promessi sposi e documentat­a altresì nella Storia della colonna infame, a proposito della tragica e sommamente ingiusta deriva giudiziari­a che inflisse atroci torture e morte crudele ad un presunto untore e al suo accusatore. Insuperabi­le è l’affresco manzoniano del morbo e delle reazioni degli uomini da esso travolti, dalla brutalità dei monatti alla pietas della madre di Cecilia, la bimba morta e delicatame­nte depositata dalla madre sul carro mortuario «come sur un letto». Episodio che Manzoni – scrive Tinelli – «con la sua penna finissima, avrebbe contribuit­o a rendere indimentic­abile... e che induce a riflettere sul fondamenta­le tema dell’umana sofferenza e della silenziosa e commossa pietà che a questa si deve».

Se questa Storia letteraria delle malattie induce il lettore non solo a informarsi de peste, ma anche a riflettere sul dolore e sulla pietas ad esso dovuta, è un libro ben riuscito.

 ?? ?? Elisa Tinelli, «Storia letteraria delle malattie. La narrazione del contagio dal Medioevo all’età moderna», Edizioni Dedalo, Bari 2024, € 19,00
Elisa Tinelli, «Storia letteraria delle malattie. La narrazione del contagio dal Medioevo all’età moderna», Edizioni Dedalo, Bari 2024, € 19,00

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