Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Fenomeno Kid Yugy «Beckett e London nel mio hip hop»
L’artista di Massafra sbanca le classifiche. «I nomi del diavolo» è disco d’oro a una settimana dalla pubblicazione. «L’Ilva? È meglio la prigione»
Faccia d’angelo, Kid Yugi deve aver fatto un patto col demonio. A furia di evocarlo è finito in testa alle classifiche di vendita Fimi. «I nomi del diavolo» (Universal) è il secondo disco del rapper tarantino, che a ventitré anni è considerato il volto nuovo e il futuro dell’hip hop italiano. Il fenomeno si poteva già sintetizzare in una serie di numeri pregressi: 4 dischi d’oro, 1 di platino e oltre 200 milioni di stream. Numeri in continuo aggiornamento. Su Spotify «I nomi del diavolo», ispirato a «Il signore delle mosche», il romanzo cult di William Golding che mette a fuoco la brutalità dell’uomo dando il titolo a una delle tracce, ha sbancato sin dall’uscita, risultando il più ascoltato.
E nel frattempo è diventato disco d’oro, facendo salire a cinque il numero dei Golden Records nella bacheca dell’artista. Nickname che pare mutuato da un anime, Kid Yugi (all’anagrafe, Francesco Stasi) ha fatto passi da gigante, muovendosi dall’estrema periferia, la sua Massafra. Una cittadina a uno schioppo da Taranto. E dall’acciaieria. Un demonio anche quello. Kid Yugi lo ha esplorato nelle sue varie denominazioni. E nel disco lo ha declinato in quattordici brani, in formato rigorosamente «street rap». Lo slang è complesso, fatto di citazioni nerd, letterarie, cinematografiche e autobiografiche, a tratti cervellotico, qua e là fatalmente sboccato. Kid Yugi canta il presente e la sua generazione. E lo fa da rapper di un altro pianeta rispetto alla media della scena. L’uso drammatico dell’iperbole («la Puglia è peggio del Donbass», tanto per dirne una) è un marchio di fabbrica dell’artista tarantino, che tra qualche barlume sentimentale dà il benvenuto nelle profondità degli abissi umani, dove con i «trash talker», le pallottole e i trafficanti di criptovalute proliferano nuove Bestie di Satana. Un invito già chiaro in copertina, dove nostro signore del male è citato con la celebre danza del diavolo da «Il maestro e Margherita» di Bulgakov.
Ci sono molte altre letture (e visioni) nel background di Kid Yugi, cresciuto con gli incubi di «Dylan Dog» e battezzato alla lettura tredicenne con «Delitto e Castigo» di Dostoevskij. Nei testi può rimandare a Samuel Beckett, Jack London e ai fondatori della Golden Dawn: riferimenti frullati, mangiati e digeriti in un’esplosione distopica condivisa con molti ospiti, da Sfera Ebbasta, con cui rappa in «Ex Angelo» firmato anche da Shablo (neo maestro concertatore de La notte della Taranta, a Geolier, partner in «Terr1» per rivendicare l’orgoglio meridionale. C’è anche il featuring di Simba La Rue in «Denaro», un brano sul diavolo per eccellenza, merce di scambio sul tavolo del ricatto occupazionale. Salute o lavoro? Per Kid Yugi «meglio la prigione che finire all’Ilva». Tema sul quale ritorna per celebrare Fido Guido, storica figura della scena hip hop tarantina. L’omaggio arriva nel brano «Ilva» col remix di «Fume scure» (Fumo scuro): un j’accuse in dialetto e italiano contro la fabbrica che soffoca. Questione ricorrente per chi vive «ancora giù in paese». Tiene a precisarlo, Kid Yugi, nella traccia d’apertura «L’anticristo», per marcare la distanza dal rap fashion milanese. Perché a «Massafghanistan» l’hip hop non fa tendenza.