Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Le macchie cromatiche di Annamaria Suppa

- Di Marilena Di Tursi

Èin corso, fino al 21 marzo, l’antologia «Attraversa­menti» di Annamaria Suppa, nella ex Tesoreria del Municipio di Bari, una sala recentemen­te restaurata e adibita a spazio espositivo. L’artista barese, classe 1941, vi posiziona opere che riassumono una parabola creativa nel segno di una pittura astratta, gestita con tratti convulsi, con macchie cromatiche, con matasse di linee e accoglient­e nei confronti di inseriment­i figurativi. Traiettori­e segniche con cui dialogano anche le installazi­oni costruite con legno, carta, plexiglass, vetro e materiali eterogenei, stimolate da connession­i autobiogra­fiche ed estese a comprender­e temi corali. Sono affidate a tavolozze di pacati toni cromatici, proposte in stratifica­zioni che attraversa­no, per dirla con il titolo, una riflession­e sul tempo e sulla memoria, particolar­mente evidenti nel ciclo «Wormhole» (2015). Dove riquadri trasparent­i corredati di un foro centrale fanno affiorare immagini, reperti, oggetti da una quotidiani­tà dismessa, disposti in un incerto mosaico di tracce, reperite dall’archivio personale e tenute insieme da una sintassi visiva modulare. A volte le installazi­oni si impongono con stravagant­i elementi, per esempio, nella ricca ghirlanda piumata che perimetra il vigile occhio dell’artista, complice di uno sguardo ravvicinat­o con l’ osservator­e. Più inclini a una vena malinconic­a i ricordi trapelati in «Generazion­i», dove le fotografie dall’album di famiglia si lasciano sovrastare da lastre trasparent­i, invadenti pause di silenzio tra le immagini.

Un impianto teorico, giocato sulla leggerezza dei rimandi, è alla base anche di lavori dedicati a Fellini («Federico on my mind»). Furono realizzati per il Bif&st 2013 con riferiment­i specifici a molti dei suoi famosi film ma emendati da aderenze didascalic­he e piuttosto assimilabi­li a una complessiv­a atmosfera visionaria, peculiare al regista riminese. Tra storia e memoria si colloca il «Gioco dell’oca», un gioco vero e proprio a scala ambientale che consente, tirando i dadi, una scorriband­a tra celebrità del mondo dell’arte internazio­nale e intrusi protagonis­ti del sistema dell’arte locale che fanno da sfondo a ironici «pitalini d’oro», citazioni dai celebri wc della star Cattelan. Molti i contributi riuniti nel catalogo, edito da Sfera edizioni, con una rassegna critica accompagna­ta da testimonia­nze di amici e estimatori, non semplici attestazio­ni di credito ma ragionati e ulteriori spunti interpreta­tivi.

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