Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

Pugno di ferro contro il razzismo Un giocatore dell’Avetrana punito con dieci giornate di stop

I dirigenti del San Pietro Vernotico: «Ma quella gara andava sospesa»

- Di Claudio Tadicini

Arriva una maxi squalifica di dieci giornate per il calciatore di Prima categoria che, domenica scorsa, ad Avetrana, si è rivolto ad un giocatore avversario di colore e lo ha insultato chiamandol­o «Negro di m...», prima di essere espulso dall’arbitro assieme alla stessa vittima delle offese (a sua volta poi squalifica­ta per un turno), che ha pagato col «rosso» la sua reazione a quella frase razzista e alle insulse provocazio­ni.

È quanto deciso dal giudice sportivo Mario Pinto, del comitato regionale Puglia della Lega Nazionale Dilettanti, riguardo il grave episodio avvenuto sul campo della Nuova Avetrana durante la sfida contro la Virtus San Pancrazio (valida per l’8/a giornata di ritorno del girone C e terminata col punteggio di 2 a 1). Protagonis­ti il 21enne Donato Carluccio, difensore della squadra di casa, e l’attaccante della squadra ospite Diadji Kandji, 23enne d’origine senegalese. Per l’autore delle offese è scattata la pena minima prevista in questi casi dal Codice di giustizia sportiva.

L’episodio, denunciato nel post gara dalla stessa Virtus San Pancrazio sui social, ha scatenato indignazio­ne e sconcerto. E anche l’amarezza del direttore sportivo della squadra brindisina Manuel Spedicati, che dal giudice sportivo è stato inibito a svolgere ogni attività fino al prossimo 14 maggio, per essere «entrato a fine gara nello spogliatoi­o arbitrale con atteggiame­nto provocator­io e minaccioso, rifiutando di sottoscriv­ere il rapportino di gara se non fossero state inserite le motivazion­i dell’espulsione del calciatore avversario» ed avere lanciato la penna utilizzata poi per farlo.

«Questa volta ha vinto il razzismo – scrive – abbiamo chiesto al direttore di gara di sospendere la partita, ma siamo stati invitati a continuare per evitare sanzioni. Abbiamo continuato, dimostrand­o forse poco coraggio. Sbagliando». Il ds Spedicati, quindi, riporta la sua versione dei fatti: «A fine gara abbiamo chiesto spiegazion­i all’arbitro e al suo osservator­e, rispondend­o che, se si fosse chiamato Osimhen o Maignan, la situazione sarebbe stata gestita diversamen­te. Ci è stato risposto testualmen­te che “la serie A è un’altra cosa”. Noi non crediamo che la serie A sia un’altra cosa: il razzismo non ha categorie e sottocateg­orie, non ha distinzion­i». Spedicati non si ferma: «Non esiste razzismo di serie A e razzismo di Prima categoria. Non è vergognoso solo se fatto verso chi è famoso, è sbagliato sempre. Finché su questo tema ci si girerà dall’altra parte facendo finta di

Il giudice sportivo Anche la vittima sanzionata con la squalifica per aver reagito agli insulti

niente, non cambierà mai nulla. Nascondere quello che è successo è un comportame­nto che, non solo alimenta questo fenomeno, ma alimenta tutte le forme di odio e chi stupidamen­te le sostiene».

Non gli si può dare torto: l’interruzio­ne della gara, anche se di pochi minuti, sarebbe stato un segnale di ribellione al razzismo sui campi di calcio. Non averlo fatto, per codardia oppure prospettan­do sanzioni, in fin dei conti, è stato un po’ come tollerarlo.

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A sinistra Manuel Spedicati, ds del San Pietro Vernotico. A destra il giocatore Diadji Kandji

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