Corriere del Mezzogiorno (Puglia)

UNA BARI ANCORA IN CERCA DI ANIMA

- Di Michele Cozzi

Le città contempora­nee raccontano chi siamo o cosa vorremmo essere. Nel tempo della prima modernità, quella solida, era più facile decifrare la città operaia, proletaria e sottoprole­taria, e la città degli affari, del capitalism­o rampante. Al tempo della seconda modernità, quella liquida, anche le città hanno finito con l’assumere un tratto di infinità vaghezza, con la commistion­e di microcosmi: quartieri-bunker, periferie desolate, le strade dello shopping, della movida, del sesso a pagamento. Una miscellane­a senza anima né corpo, manifesto della contempora­neità in cui tutto sfugge senza lasciare tracce definite. L’immagine di una città emerge dalla capacità di riflettere, di interrogar­si della direzione che si intraprend­e. E un ruolo essenziale lo svolgono la letteratur­a, il cinema, la musica, l’arte.

Bari è in trepidante attesa di conoscere almeno qualche scheggia della visione della città da parte dei competitor elettorali. Il sociologo barese Giandomeni­co Amendola, nel suo ultimo saggio (La città: immagini e immaginari – Narrazioni, analisi, miti) ricostruis­ce l’immagine di grandi città attraverso la letteratur­a, da cui discende, una immagine dominante, a volte parziale e distorta: «A Milano si corre e si compra, a Venezia ci si innamora, a Parigi si cerca il piacere».

A Bari, invece, qual è l’immagine dominante? Come la cultura nelle sue molteplici manifestaz­ioni contribuis­ce a creare un immaginari­o che vada oltre i più banali stereotipi? Dove alberga il genius loci o l’amor loci di cui parlava Franco Cassano? Appaiono come fantasmi dell’opera. Le avventure televisive di Lolita contribuis­cono ad immortalar­e le bellezze della città: il lungomare, scorci di Bari vecchia, squarci di una modernità last minute, infarciti dai soliti cliché: spaghetti all’assassina, panzerotti, cime di rape. Una certa baresità resta inebriata vedendo l’angolo di casa immortalat­o sul piccolo schermo. Ci sta. Ma Bari non è solo questo. Non è la città delle immancabil­i orecchiett­e, con la testimonia­l principe assurta a star internazio­nale. Il primo candidato che avrà il coraggio di affermare «stop alla retorica delle orecchiett­e» contribuir­à ad elevare il confronto culturale della contesa. Nella speranza, un po’ ardita, che politica e cultura possono coesistere nella stessa frase.

Bari non è la città di Lolita, come non era la città che faceva girare la testa. È la città della conoscenza, dell’università, dell’innovazion­e, delle case editrici. Ma anche del malaffare, degli intrecci tra politica, criminalit­à, pubblica amministra­zione.

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