Corriere del Mezzogiorno (Puglia)
Come umanizzare la medicina rispettando la fragilità del malato
Esce per Il Mulino un volume a più mani su «Cura e reciprocità» Pubblichiamo uno stralcio dal saggio di Pasquale Pellegrini
È appena uscito il volume Cura e reciprocità (nella collana «Sistemi di Welfare» della Fondazione Zancan, a cura di Valter Giantin e Giovanni Guandalini, Il Mulino, Bologna 2024, pp. 262, euro 24), che affronta il delicato tema della reciprocità nel rapporto tra malato, medico e istituzioni sanitarie. «La reciprocità – dicono i curatori dell’opera – permette di uscire dalle logiche burocratiche e oggettivanti, facendosi guida per una comunicazione sincera e volta a divenire parte integrante del processo di cura». Pubblichiamo stralci dell’intervento di Pasquale Pellegrini che si è occupato del tema: «Umanizzare la medicina: il rapporto medico-malato in una società tecnologica».
Non si può comprendere una malattia senza conoscere il malato. La medicina non è solo un atto tecnico, ma è la scienza che accudisce la fragilità dell’uomo ad un grado sommo. Nella malattia, più che in altre condizioni esistenziali, l’uomo rivela tutta la sua fragilità.
La conoscenza della fragilità è una via privilegiata per entrare in sintonia con le paure, con i timori e con quel senso di disperazione che spesso aleggia intorno alla persona malata, almeno fino a quando non è chiaro il quadro clinico. La malattia evidenzia il lato oscuro della vita, alimenta molti dubbi, tra cui quello sulla natura dell’esistenza.
Il malato è punto di convergenza di aspetti diversi che riguardano il corpo, la psiche e l’anima, ciascuno dei quali richiede un surplus di consapevolezza tecnica e relazionale, di cura e di accudimento umano. È un delicato processo di consapevolezza che dovrebbe promuovere l’interesse di tutti, ma, il più delle volte, coinvolge solo il personale sanitario, accrescendone la sua responsabilità sul piano tecnico e psicologico. Responsabilità gravosa che pone di fronte due realtà umane, quella del medico e quella del malato, e una grande domanda inespressa di speranza.
Cosa può fare il medico o il professionista sociosanitario dinanzi ad una intimità ferita? A quali parole, a quali gesti ricorrere per arginare, o almeno per non accrescere, e non dilatare, i confini dell’angoscia, della tristezza e della disperazione? Sono domande importanti alle quali non è facile rispondere. Esse richiedono una conoscenza non superficiale del malato. È necessario, dunque, ascoltare il paziente, porre attenzione a quello che ha da dire. L’ascolto ha l’indubbio vantaggio di polarizzare l’attenzione sulla persona malata e di esaltarne la centralità dei bisogni e delle paure. L’ascolto umanizza il paziente e, allo stesso tempo, anche il lavoro del medico.
Nella relazione medico-paziente tutto assume un significato. Il linguaggio non verbale di entrambi pesa quanto quello verbale. Il medico dovrebbe averne consapevolezza e dosare parole e silenzi. La parola che tace spesso è più importante della parola che parla.
Il silenzio del malato è importante quanto quello del medico, poiché esprime in maniera più radicale un bisogno assoluto di umanità. Tuttavia le nuove tecnologie informatiche, Internet, i social sono entrati in maniera pervasiva in ogni aspetto della vita e, inevitabilmente, anche nella sfera sanitaria e in quella intima della malattia. L’idea di fondo è che esse aiutino a capire meglio la malattia e consentano una migliore partecipazione al percorso terapeutico. Spetta, però, al medico comporre il quadro clinico e presentarlo al malato nel modo più idoneo al suo stato psichico e alla sua natura, trasformare un dato tecnico in una relazione umana di aiuto.
Per umanizzare la medicina occorre ripensare, dunque, il rapporto medico-paziente, ma anche il sistema nel suo complesso, i valori in campo, la formazione del personale sanitario e di quello che opera nel servizio sanitario. E ancora non basta: è necessario riconoscere nella persona malata la sua condizione di fragilità e il bisogno di aiuto che da essa nasce. In quel bisogno c’è il valore della vita umana che richiede sempre uno sguardo nuovo.
Occorre ripensare il sistema nel suo complesso, i valori in campo
Dinanzi a un’intimità ferita bisogna usare le parole e i gesti giusti